Vortice di nomine in arrivo Si parte martedì col nuovo Cda

Sabato 1 Agosto 2015
È molto difficile che la riforma della Rai, approvata ieri dal Senato, diventi legge. A rivelarlo è lo stesso Matteo Renzi quando evoca il modello Bbc anche per la tv di Stato. Ovvero una fondazione azionista che gestisce l'azienda e che è sganciata completamente dai partiti. Esattamente l'opposto di ciò che accade con l'attuale legge Gasparri e con la riforma approvata ieri. Nei fatti il presidente del consiglio prende atto delle difficoltà che al Senato incontra la maggioranza anche per l'alleanza che si è creata tra FI e la sinistra del Pd. Un corto circuito dal quale Renzi pensa di poter uscire tornando ad uno schema molto radicale - sul quale sarà un giorno possibile recuperare voti a sinistra e nel M5S - che era contenuto nel progetto di riforma presentato da Paolo Gentiloni nel 2007 quando era ministro delle Comunicazioni.
I tempi per uno schema di questo genere non sono però maturi anche perché per far passare il modello Bbc, il Pd renziano dovrebbe rompere del tutto con i gruppi di Berlusconi e forse anche con quello di Verdini. E' per questo che il presidente del Consiglio, avendo a cuore più le riforme costituzionali che la riforma della Rai, ieri ha parlato di nuovo cda della Rai che non sarà a tempo. Certo «il Parlamento è sovrano per soluzioni diverse - ha spiegato ieri Renzi - ma in base alla nuova legge questo cda durerà tre anni dall'agosto 2015 al bilancio 2017 e considerando che le elezioni saranno a febbraio 2018, sarà il Parlamento successivo a eleggere i consiglieri di amministrazione, sempre che la legge passi». Appunto, «sempre che la legge passi». Se non sarà così nel medio periodo Renzi si terrà la legge Gasparri aspettando momenti migliori e ”accontentandosi” (si fa per dire ndr) di rivedere tutto l'assetto dei tg e delle reti disegnato dal Pd dell'era Bersani.
Il rimescolamento che a viale Mazzini ci sarà nelle prossime settimane con il nuovo cda (martedì 4) e il cambio a stretto giro di posta di direttori di testate e reti, prepara però anche un altro scenario che porta diritto al rischio di voto anticipato. In sostanza il premier si ”attrezza” per la battaglia. Ieri il presidente del Consiglio si è detto sicuro dei voti al Senato e per nulla preoccupato del segnale che la sinistra del Pd ha dato il giorno prima mandando sotto la maggioranza sull'articolo 4 della legge di riforma-Rai. Il premier non intende legittimare il partito nel partito che la sinistra interna ha ormai costruito con tanto di segretario-ombra (Speranza) e di presidente (D'Attorre). Sistemata la Rai nel pieno della calura estiva, Renzi è pronto a giocare a settembre la sfida finale con la minoranza del partito sulle riforme costituzionali. Modifiche alle parti del testo sinora votato non le ritiene possibili. Il premier non ha nessuna intenzione di riaprire un negoziato che riporterebbe indietro le lancette dell'orologio anche della legge elettorale e che riporterebbe Silvio Berlusconi nel ruolo di interlocutore principale scalzando Verdini. Il premier, per scongiurare il ritorno in pista del Cavaliere - che dopotutto non dispiace alla sinistra del suo partito - è pronto a calare l'asso del ”tutti a casa”. Per ora a palazzo Chigi regna l'ottimismo. Il capogruppo al Senato Luigi Zanda e il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini sono convinti che i numeri della dissidenza interna sono destinati a ridursi e che basterà l'apporto del gruppo Ala. Lo spauracchio del ritorno alle urne, per parlamentari che non hanno ancora raggiunto i 4 anni sei mesi e un giorno di legislatura per il vitalizio, funziona sempre. Il toto-nomine: in prima fila il più volte direttore Giulio Anselmi, Franco Bernabè, Antonio Campo Dall'Orto, Patrizia Grieco che perrò vorrebbe restare alla presidenza dell'Enel.

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