Varoufakis agita il voto: creditori come terroristi

Domenica 5 Luglio 2015
In Europa non è calato il silenzio elettorale. Al contrario: fino all'ultimo, da Bruxelles, passando per Berlino, Madrid o Atene, i leader europei hanno continuato a fare campagna per uno scrutinio che va ben oltre i 19 mila seggi aperti da questa mattina in tutta la Grecia. I più determinati a incrociare le armi, anche se a distanza, sono stati i ministri delle Finanze di Grecia e Germania, Yannis Varoufakis e Wolfgang Schaeuble. Condottiero del fronte del «No», Yanis Varoufakis ha accusato i creditori di «terrorismo». Il ministro greco ha scelto di parlare dalla Spagna, dove il movimento della sinistra radicale Podemos continua a raccogliere consensi e potrebbe diventare un prezioso alleato di Syriza nell'offensiva anti-austerity. «Quello che posso dire - ha detto Varoufakis in un'intervista a El Mundo - è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall'inizio, che già 5 mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare 'dall'establishment' europeo». Varoufakis ha cercato di sdrammatizzare una vittoria del no, che per molti potrebbe significare rottura insanabile di qualsiasi trattativa, default, uscita dall'euro. Al contrario, per il ministro greco se questa sera vincerà il no alle esigenze dei creditori, il premier Alexis Tsipras si recherà immediatamente a Bruxelles, dove firmerà un accordo «non fantastico, ma migliore di quello proposto» e «martedì riapriranno le banche». «Questa Europa - ha aggiunto Varoufakis - non ama la democrazia. Se ci avessero concesso una piccola estensione al programma di aiuti avremmo svolto il referendum con le banche aperte, invece ci hanno costretto a chiuderle. E perché lo hanno fatto? Per instillare la paura nella gente. Questo fenomeno si chiama terrorismo. Però io confido che la paura non vincerà». Sul fronte del sì, il tedesco Schaeuble ha invece ricordato ai greci e a tutti gli europei che la vittoria del no farebbe del male soprattutto alla Grecia. «I mercati hanno reagito con moderazione questi giorni - ha detto Schaeuble in una lunga intervista a Bild - questo mostra che il problema è gestibile». Ovvero, che una Grecia con le banche al collasso, in default e di conseguenza fuori dalla moneta unica, non provocherebbe un cataclisma in Europa. Secondo Schaeuble il fallimento dei negoziati con la Grecia era «prevedibile» in quanto il governo di Tsipras «non vuole alcuna riforma». «Per questa ragione sono sempre stato scettico sull'esito delle trattative con il governo di Atene - ha aggiunto - e il fatto che questo scetticismo sia stato alla fine confermato non mi sorprende». Secondo il ministro tedesco, ormai spetta solo ai greci decidere se stare dentro o fuori dall'euro: «solo loro possono rispondere - ha detto - Ma una cosa è certa: non abbandoneremo il popolo greco». D'accordo il ministro delle Finanze austriaco Hans Jorg Schelling (anche lui in prima fila sul fronte del sì): da un punto di vista economico l'Europa soffrirebbe poco in caso di un'uscita della Grecia dalla zona euro, ha detto Schelling, «ma le conseguenze per Atene sarebbero molto più gravi».Unico ad avere toni più concilianti e consoni a una vigilia elettorale, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk: «l'Unione europea dovrebbe evitare messaggi drammatici - ha detto Tusk in un'intervista - Il nostro obiettivo principale è mantenere l'eurozona unita e ricostruire la fiducia con la Grecia».
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