Sanità, via libera con fiducia ai tagli per 2,3 miliardi

Mercoledì 29 Luglio 2015
ROMA - Nel giorno in cui Denis Verdini ufficializza il battesimo del suo nuovo gruppo il governo ottiene al Senato una importante fiducia - e senza l'apporto dei 'responsabili' - sul decreto legge riferito agli Enti locali e, soprattutto, sul taglio da 2,3 miliardi previsto per il 2015 alla sanità. Una misura che, assieme alla parole di Yoram Gutgeld, attuale commissario sull'applicazione della spending review al comparto sanitario nazionale, ha scatenato le polemiche, alimentate anche dalle numerose assenze che lunedì hanno fatto mancare per ben quattro volte il numero legale in Aula a Palazzo Madama.
Ieri, però, i senatori della maggioranza erano in larga parte presenti, a cominciare da quelli di Area Popolare (l'altro giorno ne mancavano 19 su 36) nel quale si sono registrate solo 3 assenze e tutte giustificate. E per i 163 sì (contro i 111 no, nessun astenuto e un non votante) con cui il governo ha ottenuto la fiducia sul maxiemendamento presentato al disegno di conversione in legge del decreto, non sono stati decisivi neppure i futuri esponenti di Azione Liberalpopolare-Autonomie. Tanti - tra i quali lo stesso Verdini - gli assenti tra i potenziali membri mentre Eva Longo, Lucio Barani, Giuseppe Compagnone e Riccardo Mazzoni (dati ormai per sicuri esponenti del nuovo gruppo) hanno votato contro.
Compatto, invece, il voto favorevole della minoranza Pd a un provvedimento che, ha spiegato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, contiene «molte misure attese dai Comuni» laddove il taglio da 2,3 miliardi è quello «concordato con le Regioni nella sede della Conferenza Stato-Regioni con l'unanimità delle Regioni presenti». Le polemiche, però, sono tutt'altro che spente sulla sforbiciata prevista per il solo 2015 (con altrettanti 2,2 miliardi nel periodo 2016-17). Un taglio che riguarderà innanzitutto la spesa per i beni e servizi, dispositivi medici e farmaci, incidendo anche sulla rete ospedaliera.
Ma ad accendere le polemiche è anche la previsione - contenuta nel maxiemendamento - di un decreto del ministero della Salute che andrà a ridurre le «prestazioni non appropriate», prevedendo che quelle considerate dalla futura norma non necessarie siano a carico del cittadino. E disciplinando anche una responsabilità per i medici che non rispetteranno i nuovi criteri (con una decurtazione del salario accessorio per chi non motiva la sua decisione).
Criteri che saranno specificati in un decreto specifico previsto per settembre, quando è in programma anche un nuovo tavolo tra Stato e Regioni che si preannuncia infuocato. Anche perché c'è chi, come il governatore lombardo Roberto Maroni, parla già di «dichiarazione di guerra inaccettabile». E mentre Emilia Grazia De Biasi, presidente Pd della commissione Sanità al Senato, precisa come «ogni euro risparmiato debba restare nell'ambito della sanità» laddove sarebbe «stravagante» utilizzarlo per il taglio delle tasse sulle casa", resta sulle barricate il M5S , che parla di «macelleria sociale per finanziare Renzi».
Tra le novità del provvedimento, la possibilità per le Regioni di rinegoziare i contratti per le forniture sanitarie, con l'obiettivo di ridurre la spesa. Inoltre, l'eventuale sforamento del tetto di spesa sanitaria regionale sarà posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici per una quota complessiva pari al 40% nel 2015 e al45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017.
Tra le altre misure del decreto, atteso ora alla Camera, anche un programma straordinario - con nuovi fondi connessi alle esigenze sanitarie eccezionali - per il Giubileo (in vista del quale saranno assunti 2500 unità delle forze dell'ordine), uno 'sconto' al patto di stabilità interno da 7,5 milioni per tre comuni del Veneto colpiti dal tornado di inizio luglio, la 'defiscalizzazione' dell'autodromo di Monza e la stabilizzazione dei circa 5mila lavoratori Lsu-Lpu in Calabria.

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