Rai, salgono le quotazioni del veneto Campo Dall'Orto

Domenica 2 Agosto 2015
Rai, salgono le quotazioni del veneto Campo Dall'Orto
Sale Antonio Campo Dall'Orto. Sale così tanto, che ieri è salito nello studio di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Per un vertice con il premier. Dunque sarà lui, il dirigente della società Viacom e membro del Cda di Poste Italiane, il nuovo direttore generale della Rai, ossia il vero titolare della governance a Viale Mazzini in epoca renziana? Tutto fa pensare di sì. E subito da casa Berlusconi, ad Arcore, è arrivato ufficiosamente un gradimento sulla figura di Campo Dall'Orto. Non che quella del dg della Rai debba essere una nomina condivisa politicamente - spetta a Renzi - come lo è quella del presidente della tivù di Stato. Ma le caratteristiche manageriali del papabile del Settimo Piano l'ex Cavaliere le conosce bene e le apprezza. Perchè Campo Dall'Orto - classe 1964 - ha fatto il master a Pubblitalia, ha lavorato a Canale 5, Berlusconi a un certo punto lo voleva come assistente ma lui rifiutò e Pier Silvio lo ha cercato per Italia Uno e c'è stato un interessamento per lui anche da parte di Sky. Avrà Campo Dell'Orto risorse finanziarie e forza di comando sufficienti per fare - se alla fine sarà davvero lui il prescelto - quella «rivoluzione storica» che Renzi immagina per la Rai?
INDIZI
Un altro indizio, del fatto che il più papabile tra i papabili parrebbe proprio questo manager veneto che ha fatto la propria fama alla guida di Mtv e di La7, è il seguente. Qualche settimana fa ha chiesto un parere a uno stimato avvocato romano sulla base di questo quesito: se il governo nomina il dg della Rai con la legge Gasparri, poi in corsa questi può trasformarsi in amministratore delegato? Ciò accadeva quando ancora Renzi sosteneva di rifiutare la Gasparri come regola per la nuova Rai, e quando ancora non c'era l'intenzione di modificare nei limiti di questa legge la fisionomia del direttore generale dandogli più poteri. Dall'Orto sapeva dunque in anticipo le intenzioni di Renzi?
E comunque, nelle ultime ore, altre candidature forti per il ruolo di dg sono cadute e altre sono riemerse, come quella di Eleonora Andreatta. Si è sfilata Maria Patrizia Grieco (presidente di Enel), lo stesso vale per Mariella Soldi di Discovery e Andrea Scrosati non ha mai partecipato alla gara. Novari (di Tre) e Colao (di Vodafone) fuori gioco. Quasi per esclusione, anche se Dall'Orto è sempre stata la prima scelta di Renzi, a Dall'Orto si è arrivati o si è tornati. Il fattore tempo del resto è essenziale in questa partita del rinnovo dei vertici della Rai e del Cda. Renzi la vuole chiudere entro giovedì, forse mercoledì sera. Se va avanti troppo, minoranza Pd, grillini, berlusconiani cominciano a fare il tiro a bersaglio contro di lui e si scatena quella che Pino Pisicchio chiama «la nuova guerra del Peloponneso».
L'ELEZIONE
Martedì la Vigilanza voterà i consiglieri di amministrazione. Per eleggere il presidente della Rai, servono i due terzi. Ovvero: 27, su 40, dei membri della vigilanza. L'accordo tra maggioranza e opposizione già c'è sulla figura di garanzia che presiederà Viale Mazzini? No, ancora non c'è. C'è al momento la convocazione dei membri Pd in Vigilanza per domani e in assenza di Renzi, partito per il Giappone, sarà Maria Elena Boschi a informare deputati e senatori sui nomi dei tre democrat (dovrebbero essere 4, ma uno viene ceduto a Ncd) da scegliere per la Rai. Berlusconi vede domani sera ad Arcore i capigruppo Brunetta e Romani, per decidere il nome degli azzurri (hanno diritto a un consigliere a Viale Mazzini) e se prima pareva molto probabile la riconferma di Antonio Pilati, adesso nel borsino scende Pilati e sale Giancarlo Mazzuca, giornalista, direttore ed ex parlamentare del Pdl. Uomo di mediazione, apprezzato anche nel Pd. Un moderato di cui gira il nome per il Cda, e che è esterno alla politica, è un professore della Cattolica di Milano, dove insegna storia ed economia dei media: Massimo Scaglioni.
E i grillini? Sono spaccati tra quelli che «non vogliamo farci lottizzare anche noi» e quelli che invece - i più - sono disposti ad avere il proprio uomo, o donna, nel Cda «per svelare l'inganno di una Rai - parola di Grillo - schiava di Renzi». Si attendono le risposte dei personaggi sondati da parte del M5S: Riccardo Iacona, Milena Gabanelli, ma soprattutto Carlo Freccero. O Stefano Rodotà.
Ma chi farà il presidente è la questione più aperta di tutte. Anche perchè per figure di altissimo profilo professionale, abituate a stipendi top, la poltrona del Settimo Piano viene considerata finanziariamente un abbassamento di livello. «Vogliamo uno che garantisca la pluralità», è il mantra di Berlusconi. Il quale ha in mente la fisionomia di Piero Ostellino come successore della Tarantola. Oppure quella di Bruno Vespa, che non andrebbe affatto male al Pd, ma il giornalista di Porta a Porta vorrebbe continuare a fare quello che fa. Non ha preclusioni verso nessuno Berlusconi, tranne che per i nomi che sono circolati in queste ore: no a Minoli, no a Todini. Vittorio Feltri? Magari. Mentre Giulio Anselmi e Paolo Mieli li considera troppo orientati a sinistra. Si fa strada il nome di una donna, ben vista come figura di garanzia sia a destra sia a sinistra: Monica Maggioni. Ma si vedrà.
LA ROSA
Gasparri la vede così: «Non è Renzi che propone il presidente e noi dobbiamo accettare. Dobbiamo parlarci e insieme fare una rosa. Ci vuole un Paolo Garimberti, che presiedeva Viale Mazzini quando governavamo noi, ma dei moderati». Si troverà? Renzi, nel caso di stallo delle trattative con Forza Italia, non esclude di ricorrere alla mossa del cavallo. Ovvero? Proporre un nome super-etico, una figura al di sopra di tutte le parti e inattaccabile, e vedere se ai grillini sta bene: a quel punto il presidente si fa con loro. Sarebbe comunque una mossa forte, e piuttosto complicata e si preferirebbe evitarla. Mentre la sinistra Pd è in trattativa con Sel, per mettere Beppe Giulietti, storico leader del cosiddetto Partito Rai, nel Cda.

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