Passera: ora serve una botta fortissima non manovrine

Mercoledì 27 Maggio 2015
Certo che vedere lei, Corrado Passera, illustre rappresentante dei poteri forti, imbavagliato davanti a Montecitorio per protesta contro l'Italicum, beh, fa impressione.
«Da quando ho scelto di occuparmi a tempo pieno ed esclusivamente del bene comune e di rimettere in moto l'Italia ovviamente devo parlare in tutti i linguaggi per evitare che si facciano scelte sbagliate della politica: nessun Paese al mondo ha un premio di 6-7 milioni di voti che trasforma una minoranza in maggioranza, nessun sistema impedisce alleanze al secondo turno. Questa legge elettorale riduce gli spazi di democrazia, anche perché impedisce ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti».
Ma ormai questa legge è legge. E se si vuol battere Renzi, più che la sua Italia Unica, ci vuole una lista unica, non tanti partitini.
«Ci vuole una lista forte. C'è una larghissima fascia di elettori, liberali, popolari, riformisti, che non si ritrova in alcuna delle attuali proposte politiche. Su questo stiamo lavorando. C'è da raggruppare quel grande fronte che non si ritrova nel Renzismo, nel Partito della nazione, nel partito unico. E c'è da impedire che le brutture dell'Italicum diventino rischiose. In tutti i paesi con sistema maggioritario ci sono organi di garanzia, mentre oggi in Italia la minoranza che diventa maggioranza col premio, prende di fatto anche il Presidente della repubblica e la Corte costituzionale, quindi come minimo bisogna alzare il quorum. Anche il Senato elettivo, che poteva non essere più necessario, adesso, visto lo strapotere del governo sul Parlamento, forse potrebbe avere un suo senso».
Pensioni, lei da ministro fu tra quelli che combinò il guaio.
«Guaio? Quella riforma ha salvato le pensioni ed evitato il commissariamento dell'Italia nel 2011. Rispetto la decisione della Consulta, ma la ritengo sbagliata: quella fu una manovra che salvò il Paese, è criticabile che sia stata fatta saltare per il mancato adeguamento dell'1% per due anni delle pensioni superiori al triplo del minimo. Detto questo, va rispettata, e senza chiamare bonus l'esecuzione di una decisione della Consulta».
Lei ha governato in un periodo difficilissimo, non invidia un po' Renzi?
«Beh, non c'è mai stato un periodo più favorevole dell'attuale. Quando si hanno tassi a zero, cambio col dollaro svalutato del 30%, costo dell'energia ai minimi storici, bisogna dare una botta fortissima all'economia, non si può sprecare questa occasione d'oro per progetti piccoli, rinunciatari».
Come gli 80 euro?
«Sì, o come l'assunzione di centomila persone nella pubblica amministrazione in gran parte senza concorso. Questa è politica vecchissima, che non rimette in moto il Paese.
E lei, cosa farebbe?
«Serve una gran botta: un gigantesco credito d'imposta per aziende che investono in ricerca e innovazione, utilizzando i fondi strutturali. Poi, pagare subito, adesso, tutto il debito scaduto della pubblica amministrazione. Si può fare: con una società veicolo, capitalizzata con attivi pubblici, che s'indebita, paga subito le imprese e poi recupera i soldi dalla pubblica amministrazione. Sarebbe un'iniezione da 100 miliardi, che cambierebbe l'umore del mondo delle imprese. Dobbiamo fare operazioni coerenti con le dimensioni della nostra economia, una delle primissime nel mondo. Non possiamo fare manovrine da qualche miliardo che non cambiano niente. I due Def di Renzi sono un altro aumento di spesa corrente, un altro aumento di tassazione, altra diminuzione di investimenti: è la ricetta del disastro».
Neanche il Jobs Act va bene?
«Si buttano decine di miliardi: chiunque assume col nuovo contratto si prende diecimila euro. Il timore è che non sia nuova occupazione, ma trasformazione di vecchi contratti, e alla fine questi incentivi saranno sempre pagati dalle imprese. Era meglio concentrare incentivi sull'apprendistato per fare entrare giovani e spingere i contratti di produttività. Così si aggredivano problemi strutturali, se no si fa soltanto campagna elettorale».
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