Obama: «Assad vada via»

Lunedì 14 Dicembre 2015
Obama: «Assad vada via»
E' arrivato in ritardo a Parigi per evitare di incontrarsi per caso nei corridoi o nella sala conferenza con Recep Erdogan. Vladimir Putin ha preso tutti gli accorgimenti possibili, saltando l'inaugurazione della Conferenza sul clima e la fotografia dei capi di Stato. Il rischio di uno scontro verbale pubblico col presidente turco è stato così ridotto al minimo. Gli organizzatori del summit hanno accuratamente tenuto i due contendenti ben lontani ai vari tavoli dei lavori ed assegnato loro stanze diverse per i colloqui coi colleghi. Erdogan avrebbe voluto sfruttare questa occasione parigina per chiarirsi col capo del Cremlino, che gli ha negato sia un incontro tete-à-tete sia conversazioni telefoniche.
Barack Obama ha avuto un buon approccio col presidente russo, tastando il terreno per una mediazione fra i due. Dopo aver espresso «dispiacere» per la morte del pilota del bombardiere federale SU-24 abbattuto da un F16 turco al confine con la Siria 8 giorni fa, il capo della Casa bianca ha evidenziato che gli Stati Uniti sostengono una piena "de-escalation" tra i due Paesi vicini. Ossia: finitela di litigare, perché il vero nemico è lo Stato islamico, che insieme dobbiamo smantellare. Sul capitolo Siria russi ed americani hanno concordato la necessità dell'inizio di un processo politico. Qui le differenze restano: Obama non vede un futuro per il presidente siriano Bashar al-Assad, mentre Putin vuole che sia il popolo a decidere sulla questione.
Per il miglioramento delle relazioni russo-occidentali, ha avvertito il capo della Casa bianca, la risoluzione della crisi in Ucraina orientale è centrale. Essa deve avvenire secondo quanto stabilito dagli accordi di Minsk. Una volta sciolto quel nodo, si potranno aprire discussioni per la cancellazione delle sanzioni economiche contro Mosca.
La puntualizzazione è importante: non pochi osservatori ritengono infatti che una delle ragioni dell'impegno federale in Medio Oriente sia proprio legata allo scopo di spostare l'attenzione della comunità internazionale dalla questione ucraina. Già giovedì scorso al Cremlino il presidente francese Hollande aveva dichiarato di voler sapere di più sull'attuale situazione in Donbass, dove, dopo settimane di relativa calma, si è tornati ad usare le armi, per il momento quelle leggere. Nei territori in mano ai separatisti filo-russi si sarebbero dovute tenere in ottobre elezioni municipali secondo la legge di Kiev, ma sono state rimandate al prossimo febbraio. Secondo gli accordi di Minsk due mesi dopo la loro espletazione il controllo del confine est con la Russia dovrà passare ai governativi, dando inizio al dopoguerra.
A conclusione della giornata parigina Vladimir Putin è apparso più disteso rispetto a quello profondamente contrariato dei giorni scorsi. «Col presidente della Turchia - ha osservato il capo del Cremlino, ricordando i buon risultati nelle relazioni bilaterali ottenuti in questi anni - non ci siamo incontrati». Poi la stoccata: «Hanno abbattuto il nostro caccia per continuare i loro traffici con l'Isis». Tuttavia i problemi con Ankara per quanto riguarda la lotta al terrorismo sono iniziati da tempo. «Non abbiamo visto - ha aggiunto Putin - una reazione da partner alle nostre preoccupazioni». La prima sensazione a caldo è che il Cremlino, accortosi di essere isolato a livello internazionale e conscio del pesante costo economico, stia iniziando a meditare sui suoi intenti bellicosi con la Turchia.

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