Matteo e Sergio, che feeling tra i "rottamatori":

Venerdì 29 Maggio 2015
Matteo e Sergio, che feeling tra i "rottamatori":
A bordo della Jeep Renegade rosso fuoco e poi nel salottino dello stabilimento di Melfi, Sergio Marchionne ha dato una buona notizia a Matteo Renzi. Ha confermato al premier che Fca ha deciso il rilancio del marchio Alfa Romeo. E da settembre nello stabilimento di Cassino verrà ridotta progressivamente la cassa integrazione, che riguarda oltre quattromila operai, poi «successivamente scatteranno anche nuove assunzioni». Battuta del premier: «Non vedo l'ora di poter comprare presto un'Alfa Romeo».
Durante il colloquio, presenti il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, il consigliere economico Andrea Guerra e il presidente di Fca John Elkann, Marchionne ha illustrato a Renzi il piano di rilancio dello storico marchio di Arese. Obiettivo: la conquista dei mercati nord americano e europeo.
Il primo step, grazie a un investimento di poco inferiore al miliardo di euro destinato ad ammodernare le catene di montaggio, è stata la produzione qualche giorno fa del primo esemplare di “Giulia”. Marchionne ha detto al premier che la nuova berlina verrà presentata il 24 giugno al museo dell'Alfa di Arese ed esposta insieme ad altri sette esemplari all'Expo di Milano. Poi, in settembre, scatterà la produzione vera e propria con il ritorno al lavoro degli oltre 4.000 operai in Cig e dei 260 dipendenti trasferiti provvisoriamente a Melfi. Alla “Giulia”, capostipite della nuova generazione Alfa, seguirà la produzione di un mini Suv e il restyling della Giulietta. Nel 2016 la prova dei mercati.
Renzi ha celebrato la buona novella a modo suo, con un tweet: «Ci hanno detto tutto contro il Jobs Act. Ma l'Italia riparte con chi crea lavoro, non con chi fa slogan». Parole lanciate in rete per elogiare l'ad di Fca e colpire il capo della Fiom, Maurizio Landini, ma anche Susanna Camusso.
Tra i due il feeling è ormai consolidato. Rottamatore in politica Renzi, rottamatore delle relazioni industriali Marchionne. Decisionisti. Con una sintonia evidente: «Matteo sta alla politica come Sergio sta al mondo della produzione. In più Marchionne chiede il sindacato unico dell'auto e Renzi il sindacato unico tout-court», dice uno stretto collaboratore del premier. «E' infatti ormai evidente», aggiunge un consigliere economico, «che la stagione della Triplice, di Cgil, Cisl e Uil, è superata. Quelle tre sigle sono espressione di una stagione politica morta e sepolta, quella di Pci, Dc e Psi, conclusa venticinque anni fa».
Identica sintonia anche riguardo ai contratti: sia Renzi che Marchionne, come del resto il capo degli Industriali Giorgio Squinzi, puntano al superamento del contratto nazionale per arrivare ai soli contratti aziendali con le retribuzioni legate alla produttività. E il viaggio a Melfi è servito a Renzi per vedere, e celebrare, i frutti del Jobs Act: «i volti» dei 1.500 operai dello stabilimento lucano passati dal contratto interinale a quello a tempo indeterminato. «E presto scatteranno altre mille assunzioni», ha garantito Marchionne.
Pensare che tra i due non correva buon sangue. Nel settembre del 2012, allora sindaco di Firenze, Renzi picchiò duro: «Marchionne mi ha deluso, non ha più i venti miliardi da investire che aveva promesso». La replica dell'ad: «Pensa di essere Obama, ma è solo una brutta copia». Acqua passata.
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