Juncker lancia l'appello E Tsipras attacca in tv

Martedì 30 Giugno 2015
BRUXELLES - Di fronte al crollo delle Borse e al rischio che dal referendum di domenica venga un sonoro 'No' all'offerta dei creditori, quindi un 'No' all'Europa, i vertici europei scendono in campo e, per la prima volta nella storia, si schierano contro l'indicazione elettorale di un governo democratico. L'appello è accorato: «Greci, votate sì a qualunque quesito vi venga posto», ha detto il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, seguito da quello del Parlamento Martin Schulz. Anche Merkel, Hollande e Renzi inviano un messaggio al popolo greco, ricordandogli la grande responsabilità che porta. «Il referendum greco non sarà un derby tra la Commissione europea e Tsipras, ma un derby dell'euro contro la dracma», lo definisce Renzi. Intanto il Parlamento Ue chiede un summit Ue straordinario per affrontare la situazione inedita ma la Merkel spiega che per ora non ne vede motivo.
Tanto è bastato per la reazione del premier ellenico Tsipras. Ha voluto intervenire ieri sera a tarda ora in tv: «Non vogliono la Grecia fuori dall'Ue, vogliono mandare via il governo della speranza. Se vince il no? Dovremo forse dire addio all'euro». Una rivendicazione orgogliosa delle sue decisioni - il rifiuto di accettare le misure chieste dalla Ue e di sottoporle a referendum - davanti a tutti i greci. Circa 20 minuti di un discorso dove si sono alternati toni arrabbiati e pacati, grintosi e determinati. Chiama a raccolta la popolazione. Esortandola. «La grande folla radunata a Syntagma ci dà la forza... con calma e compostezza affronteremo minacce e ricatti». Un fiume in piena. Un j'accuse alla Bce: «Non vogliono cacciare la Grecia dalla Ue, volevano cacciare questo governo e cacciare via la speranza». E ancora, in vista della consultazione di domenica: «Maggiore sarà la percentuale del “no”» al referendum «maggiori saranno le armi del governo greco per rilanciare i negoziati». Ribadisce che «la gente ha il diritto di scegliere il proprio futuro» e dice: «Il popolo farà sentire la sua opinione sulle note questioni: la loro voce sarà ascoltata».
«Se fallisce l'euro fallisce l'Europa», ha detto la Merkel, convinta che l'Ue «deve essere in grado di trovare un compromesso di fronte ad ogni sfida». Anche Obama, che ha telefonato alla cancelliera e ad Hollande, continua a fare pressione per un accordo. Invito arrivato anche dal premier cinese Li Kequiang durante la sua visita a Bruxelles. Ma, per ora, non c'è nemmeno un'ipotesi di trattativa. Semmai dopo il referendum, sembra indicare la Merkel. Atene ha abbandonato «unilateralmente» il tavolo, Juncker lo ricorda anche oggi, dicendosi «tradito» perché non sono stati riconosciuti gli sforzi che lui stesso e il presidente Dijsselbloem hanno fatto in queste settimane per raggiungere un accordo buono per tutti.
Il lussemburghese ha convocato una conferenza stampa proprio per «fare chiarezza», temendo che ai greci venga raccontata solo una parte, distorta, della verità. Punto primo: «Non ci sono tagli alle retribuzioni, non era un'opzione mai messa sul tavolo, e nessun taglio alle pensioni, abbiamo proposto solo di modernizzare la griglia salariale del settore pubblico», ha spiegato. Secondo: «Nel nostro piano non c'era stupida austerità», ma misure che non avrebbero avuto un impatto sul cittadino medio come i tagli alla difesa «che ritengo molto opportuni», e la rimozione di trattamenti di favore, come quelli verso gli armatori («ho dovuto fare il lavoro del Governo greco, nonostante sia una misura di buon senso»). E terzo: l'offerta prevedeva anche «misure sul debito dall'autunno». Questa è quella che la Merkel ha definito «generosa offerta». Ma Juncker non vuole assegnare colpe, e ricorda che «non si tratta di giocare una partita di poker: qui o si perde o si vince tutti assieme».

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