Incentivi dimezzati al Nord

Sabato 3 Ottobre 2015
Incentivi dimezzati al Nord
Per ora c'è un solo punto certo: le risorse per un alleggerimento del costo delle assunzioni stabili nel 2016 non supereranno il miliardo di euro. In pratica la metà di quanto stanziato quest'anno. Si snoda attorno a questo limite di “cassa” il ragionamento nelle file del governo sulla “nuova decontribuzione” e la valutazione del ventaglio di ipotesi allo studio. L'ultima - ma non è detto che sia la definitiva - prevede uno sconto sui contributi non più fino a 8.060 euro l'anno per ogni nuovo assunto con contratto a tutele crescenti, ma solo fino a quattromila euro. La metà, quindi, proprio come le risorse che si intendono mettere a disposizione per la misura.
Questa ipotesi avrebbe il vantaggio di non restringere la platea: lo sconto sui contributi continuerebbe ad essere applicato sull'intero territorio nazionale. Di contro - e di qui la cautela del Mef - il budget di un miliardo di euro potrebbe non essere sufficiente. Perché se la ripresa va avanti, come tutti si augurano, il trend delle assunzioni stabili potrebbe essere più accentuato di quello di quest'anno, che già probabilmente supererà il milione di nuovi posti fissi previsti (attualmente sono circa 800.000 i contratti che stanno usufruendo dell'agevolazione). Ma se anche fosse uguale, i conti rischiano di non tornare lo stesso: quest'anno, infatti, saranno assorbite tutte le risorse stanziate (1,8 miliardi) e nemmeno c'è la certezza che basteranno, nonostante il bonus medio - sempre che la relazione tecnica non si sia sbagliata - sia di 4.200 euro a lavoratore (per effetto delle basse retribuzioni). Più o meno quindi il tetto che si sta valutando ora.
Resta comunque sul tavolo anche l'altra ipotesi, quella che circoscrive la decontribuzione al Sud. A spingerla non sono in pochi, anche nel partito del premier. «Andiamo avanti con la decontribuzione per le aziende del Mezzogiorno fino al 2020» ha esortato qualche giorno fa Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. In questo caso si ragiona su un'agevolazione allo stesso livello di quella attuale, ovvero fino a 8.060 euro annue per lavoratore. A vantaggio di questa soluzione anche un'altra considerazione: si potrebbero utilizzare, senza rischio di ricorsi, i fondi europei per lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno rientranti nell'obiettivo 1. Sempre che, naturalmente, Bruxelles lo consenta e non bocci la misura come aiuto di Stato. Sembra invece che abbia poche chance la versione che piace ai sindacati: consentire lo sgravio contributivo solo per l'occupazione aggiuntiva. La formula si porta dietro complicati calcoli e verifiche sulla media occupazionale di ogni azienda. Piace poco a Confindustria, ma ha degli sponsor anche all'interno della maggioranza. Insomma, trovare la quadra non è semplice. Il premier, però, nonostante le resistenze del Mef (il ministro Padoan qualche giorno fa ha dichiarato che «a livello personale» considera queste agevolazioni non più «necessarie») spinge affinché la proroga della decontribuzione, seppur rivista al ribasso, faccia parte del menù della legge di Stabilità.
D'altronde, se davvero si vuole cambiare il mercato del lavoro in Italia, riducendo la quota di precari, forse è il caso di insistere. «I contratti a termine continuano ad essere troppi» osservano, tra gli altri, i consulenti del lavoro. I quali si dicono sicuri che se la decontribuzione venisse confermata anche per il 2016, per moltissimi precari sarebbe la vera svolta.
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