In pensione più tardi 200mila lavoratrici

Martedì 13 Ottobre 2015
Per 200 mila donne la notizia non è delle migliori. Dovranno rassegnarsi a lavorare quasi due anni in più. Sarà questa una delle prime conseguenze del rinvio al prossimo anno annunciato da Matteo Renzi, della discussione sull'introduzione nel sistema pensionistico italiano di un principio di flessibilità. Molte lavoratrici, soprattutto quelle del settore privato, guardavano con una certa aspettativa alle mosse del governo. Dal primo gennaio del prossimo anno per loro, infatti, scatterà una sorta di scalone. Un aumento dell'età di pensionamento che passerà dagli attuali 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi. Una progressione stabilita negli anni scorsi per parificare, in modo graduale, l'età di ritiro delle donne a quella degli uomini che già oggi lasciano il lavoro a 66 anni e 3 mesi. In realtà il processo di avvicinamento è anche all'età di pensionamento delle dipendenti statali che, come gli uomini, devono lavorare fino a 66 anni passati. Non solo. Dal prossimo primo gennaio l'età di pensionamento salirà di un altro piccolo gradino per tutti. È la conseguenza dell'adeguamento automatico alla speranza di vita dei requisiti anagrafici per la pensione. Siccome, secondo le stime Istat, è previsto un incremento di 4 mesi nella vita media di uomini e donne, la pensione verrà posticipata di un analogo periodo temporale. Ma se un principio generale di flessibilità è uscito dai radar della manovra, alcuni aggiustamenti per risolvere i problemi urgenti saranno inseriti. Il primo riguarderà gli esodati, le persone rimaste senza lavoro e senza pensione con la riforma Fornero. Nella legge di Stabilità il governo finanzierà la settima salvaguardia per questa categoria di lavoratori. I fondi, fino a 500 milioni, dovrebbero essere recuperati dai risparmiati delle precedenti operazioni sugli esodati. Un lumicino di speranza resta anche per le donne. Nel provvedimento che sarà approvato giovedì dal governo, dovrebbe entrare un'estensione della "opzione donna" a tutto il 2015. Questo permetterebbe alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti quest'anno, di poter lasciare il lavoro con 57 anni di età e 35 di contributi, ossia le regole in vigore prima della Fornero. Una scelta che potrebbe però, non avere un grande appeal, perché l'opzione donna prevede il ricalcolo interamente contributivo. Significa dover rinunciare ad una cifra che oscilla tra il 25% e il 30% dell'assegno che altrimenti sarebbe maturato con il più conveniente sistema retributivo.
L'annuncio del dietrofront sulle pensioni da parte di Renzi, non è piaciuto ai sindacati. «Non sono pronti?», ha esordito il leader Cgil Susanna Camusso: «Potevano studiare di più». Per la Camusso questo «dimostra che non c'è alcuna attenzione ad una emergenza che riguarda il mondo del lavoro», anche per «le attese dei giovani». In linea Annamaria Furlan della Cisl: «Non si può rinviare al 2016 la contro riforma della Fornero, abbiamo bisogno, già nella legge di stabilità, di un segnale importante per imprese, giovani e tutti i lavoratori».
A. Bas.

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