Il passo indietro del vescovo

Lunedì 14 Dicembre 2015
Il passo indietro del vescovo
Mentre la Cei difende il "diritto al presepe", il vescovo di Padova Claudio Cipolla, scelto di persona da Papa Francesco, entra nel dibattito a sorpresa e con una posizione piuttosto controcorrente. Interpellato sul caso Rozzano e sulle roventi polemiche di questi giorni sull'opportunità o meno di fare presepi e recite natalizie nelle scuole, Cipolla ha dato una risposta assai "ecumenica" «Non dobbiamo presentarci pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio - dice il presule - Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi, io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni». In sostanza, dice il vescovo padovano, un albero di Natale o un presepe in meno non è fondamentale se questo serve a preservare la serenità della convivenza con uomini e donne di altri credi religiosi. Parole che, dopo i fatti di Rozzano, sembrano destinate a suscitare più di qualche polemica. Non solo perchè non appaiono perfettamente allineate a quelle della Conferenza espiscopale, ma anche perchè proprio a Padova, ieri, il sindaco Massimo Bitonci ha fatto scattare, dopo l'annuncio dato nei giorni scorsi, le ispezioni nelle scuole comunali per verificare che non siano stati aboliti presepi, alberi di Natale, canti tradizionali. Insomma, che sia rispettata la tradizione cattolica. «Il sindaco è primo cittadino e garante responsabile, fra l'altro, dell'autonomia scolastica a tutti i livelli e dell'armonioso svolgimento della vita sociale - spiega Bitonci - Per questo mi appello a presidi e singoli insegnanti di tutti gli istituti padovani, anche di quelli statali, affinché difendano la libertà dei genitori cattolici, che sono la stragrande maggioranza e chiedono rispetto per i simboli della tradizione natalizia. L'autonomia scolastica non è garantita se non attraverso un processo partecipativo, che coinvolga anche i genitori. Decisioni così determinanti, come quelle relative al destino dei simboli della nostra cultura e della nostra comunità, non possono essere esercitate in assoluta indipendenza da singoli docenti». Bitonci afferma di aver ricevuto anche numerose lettere da parte di cittadini preoccupati, che chiedono si vigili sul fenomeno. «Fra queste, ho accolto con grande favore quella di una rappresentante musulmana che, cito testualmente, ha sostenuto: «come cittadini italiani di fede islamica, non soltanto non abbiamo dunque alcuna particolare obiezione al fatto che, in un Paese di tradizione cristiana, si esibiscano i simboli religiosi e si commemorino le festività legate a questa tradizione – così come ci aspettiamo che avvenga coerentemente nei Paesi di tradizione islamica – bensì non abbiamo nemmeno alcun interesse a promuovere una minore visibilità della “religiosità diffusa” che caratterizza questo Paese».
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