«Dateci un posto migliore»

Sabato 23 Agosto 2014
«Dateci un posto migliore»
Quaranta in una struttura da 24 persone, cibo sempre uguale, medicine con fatica, vestiti non adatti e nulla da fare tutto il giorno. Una boma a orologeria che è esplosa ieri pomeriggio alle 14. Sono "scoppiati" i 40 profughi del Ceis di La Secca e hanno messo in atto la protesta delle disperazione. Una panca in legno in mezzo alla strada che porta alla stazione "Per l'Alpago" (unico sbocco della via) e dalle 14 hanno bloccato il traffico con una «barricata» artigianale. Poi il cibo del mezzogiorno messo simbolicamente a terra e i vestiti nelle borse, pronti a partire. «Non vogliamo più stare qui», dicono. Lo scrivono anche su fogli in inglese per renderlo ancora più chiaro. Vogliono strutture migliori, come quelle che ci sono a Belluno. Sul posto, quando la situazione non è più gestibile dagli operatori, intorno alle 15 e 30 la Questura, con il dirigente dell'Ufficio immigrazione, il dottor Dario Virgili e altri agenti, i carabinieri, la Municipale. Arrivano i mediatori culturali che per primi avevano accolto questi ragazzi: Marzio Mares e Renato Svaluto Moreolo. È anche grazie a loro se la protesta non è degenerata. «La nostra preoccupazione - spiega Renato Svaluto Moreolo - era che commettessero reato perché nella loro situazione di richiedenti asilo avrebbe compromesso il tutto». E infatti se fossero rimasti qualche minuto in più in mezzo alla strada forse ci sarebbero state delle conseguenze, ma hanno ascoltato e hanno "smontato" le barricate. Non hanno però fermato la protesta che è continuata per tutto il pomeriggio.
Cinque le richieste, dei giovani, tutti maschi, tra 20 e 30 anni che arrivano dall'Africa: un posto migliore dove stare, cibo africano, una carta di identità, cure mediche e lezioni di italiano. E poi raccontano la vita umiliante che in 4 mesi hanno dovuto fare qui, nel centro di Ponte nelle Alpi, e chiedono: «Aiutateci». Ma è da qualche settimana che situazione è precipitata da quando nell'abitazione di La Secca ci sono 40 persone (la capienza massima è di 20-24). Dormono in 20 in una stanza e per tutti c'è un solo bagno e una sola doccia, per ciascuno dei due piani su cui si sviluppa la struttura: non fanno nulla tutto il giorno e sono stufi si sentono isolati. Un unico rasoio elettrico per i 40 ospiti. «I vestiti ce li andiamo a prendere nei cassonetti», raccontano mostrando abiti che si sono recuperati. Un altro ancora mostra la tessera sanitaria che racconta che gli è stata consegnata già scaduta. Il referente del Ceis che si occupa della struttura non vuole commentare. Altri parlano di malattie, anche all'assessore Ezio Orzes del comune e al vicesindaco Enrico De Bona: otite da tre mesi, congiuntivite, uno orina sangue. Hanno bisogno di medicine e quando riescono se le comprano e mostrano gli scontrini della farmacia. Poi il cibo: sempre uguale. E lo zucchero che manca e se vogliono se lo devono comprare. «Siamo troppi, siamo 40», conferma Alien Jalloro, che aiuta in cucina da tempo. La maggior parte è qui da almeno 4 mesi. Tra loro anche un giovane che dice di essere minorenne, arrivato a Ferragosto.
Alla fine i migranti chiedono una persona del comune di Ponte nelle Alpi che li segua e Marzio Mares, l'uomo che li ha accolti. Intorno alle 18 e 30 l'emergenza rientra e la situazione comincia a tornare alla normalità. «Voi rispettate le regole - afferma il dott Virgili della Questura - noi ci impegniamo e porteremo le vostre istanze alla Prefettura, l'ente che deve coordinare tutto. Ma per risolvere problemi ci vuole pazienza».

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