Bomba sull'autobus delle guardie presidenziali:

Mercoledì 25 Novembre 2015
Bomba sull'autobus delle guardie presidenziali:
ROMA - La Tunisia ancora una volta colpita al cuore. Forse più che al museo del Bardo, il 18 marzo, quando un commando del'Is entrò in azione e uccise 21 stranieri (quattro erano italiani). Forse anche più che a Sousse, il 26 giugno, quando arrivarono in tre dal mare e lasciarono 39 morti sulla spiaggia. Perché stavolta hanno scelto il cuore del Paese, stavolta una bomba ha distrutto un bus che trasportava i reparti scelti della Guardia presidenziale, sull'avenue Mohamed V, in fondo all'avenue Bourghiba, a un passo dalla Banca centrale e proprio davanti alla sede del Raggruppamento costituzionale democratico dell'ex presidente Ben Alì. Non lontano dall'Istituto francese e dall'ambasciata di Francia e a pochi isolati, addirittura, dal ministero dell'Interno.
Dodici morti e diciassette feriti, questo il bilancio ufficiale di «un atto di terrorismo», come ha voluto confermare nella sua prima dichiarazione Firas Guefrech, consigliere del presidente Essebsi. Ma i siti locali, ancora a tarda sera -mentre Essebsi proclamava lo stato d'emergenza per un mese (era stato revocato solo 3 ottobre scorso) e il coprifuoco fino alle cinque del mattino- insistevano nel far circolare altre cifre: Radio Mosaique raccontava di tre feriti morti appena arrivati in ospedale, e quindi di quindici vittime, mentre altri arrivavano a parlare addirittura di ventidue morti.
Erano da poco passate le cinque, migliaia di lavoratori stavano tornando a casa. Un gran traffico per le strade del centro, anche per un festival del cinema in corso, l'aria tiepida, un'atmosfera rilassata, fino a quando non s'è udita, anche lontanissimo, la tremenda esplosione. E' scoppiato il caos, migliaia di auto imbottigliate, in tanti hanno provato ad aprirsi un varco perfino con i clacson. Fino a quando l'area non è stata completamente isolata, inaccessibile anche alle tv.
Confuse e contraddittorie le prime testimonianze. Ma tutte concordi almeno su un punto: la presenza sulla scena di una Mitsubishi bianca, un suv. Poi c'è chi ha raccontato di aver visto lanciare l'ordigno contro il bus della Guardia presidenziale, chi ha visto anche sparare con armi automatiche e chi infine ha segnalato la presenza di un kamikaze, uno che aspettava in strada, forse salito in quel momento sul bus. Perché alla fine una verità ufficiale è stata fornita: secondo la sicurezza tunisina l'esplosione è stata innescata da qualcuno a bordo, accreditando quindi proprio l'ipotesi del kamikaze.
Le voci si rincorrono. Secondo i siti locali -da Assabah News a Tunisie numérique- un uomo sospetto, qualche giorno fa, sarebbe stato fermato proprio da quelle parti, proprio a quell'incrocio di strade e interrogato. Ma rilasciato subito dopo: stava studiando la logistica della strage? I media si interrogano anche su un altro aspetto: il bus dei reparti scelti stavano rientrando da Cartagine proprio nel palazzo presidenziale. Perché i terroristi hanno rinunciato ad avvicinarsi di più, a colpire ancora più clamorosamente?
Il Paese è sconvolto, una rivendicazione non è ancora arrivata. Questa mattina si riunirà il comitato della sicurezza. Il presidente ha già parlato ieri sera in tv ai tunisini. «Noi siamo in guerra contro il terrorismo, ci attrezzeremo».

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