Bce: stop a nuovi aiuti il "tetto" resta a 89 miliardi

Martedì 7 Luglio 2015
Bce: stop a nuovi aiuti il "tetto" resta a 89 miliardi
ROMA - La Banca Centrale Europea tiene ferma la liquidità di emergenza (Ela) alle banche greche a 89 miliardi di euro dopo la netta vittoria del «no» al referendum. Il consiglio direttivo di Francoforte si è riunito ieri decidendo di non chiudere l'unica fonte di finanziamento per gli istituti di credito ellenici, evitando così il collasso totale del sistema finanziario del Paese, ma alla luce dell'esito del referendum ed in mancanza di un accordo non ha potuto alzare il tetto, come chiedeva Atene.
Le altre banche centrali e il Board della Bce possono bloccare le richieste della Banca di Grecia con una maggioranza di due-terzi. Al tempo stesso Francoforte ha anche deciso di apportare «una correzione» in forma di un aumento dello sconto (haircut) sul valore dei titoli greci portati in garanzia dalle banche per avere la liquidità di emergenza. Con questa correzione le banche greche dovranno aumentare i titoli portati come collaterale per avere lo stesso ammontare di prestiti. Ma gli istituti di credito ellenici, afferma un funzionario greco, hanno «ancora abbastanza collaterale» per far fronte alle nuove richieste della Bce. E il governo di Alexis Tsipras ha deciso di tenere le banche chiuse fino a tutto mercoledì, con un prelievo massimo di 60 euro al giorno fino a venerdì prossimo.
Intanto il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, tende una mano ad Atene affermando che il Fondo è pronto ad aiutare Atene se il governo lo chiederà, anche se tecnicamente la Grecia non può al momento accedere ai finanziamenti del Fmi a causa del mancato pagamento di 1,6 miliardi di dollari all'istituto di Washington. La disponibilità del Fondo è forse il risultato più importante che Tsipras e il suo governo hanno incassato con il successo del voto popolare, perché mostra una prima incrinatura dell'intransigenza finora esibita dalla troica nel negoziato sul debito greco. Già prima dell'apertura delle urne lo stesso istituto internazionale aveva ammesso che il paese non può ambire a far ripartire l'economia senza una massiccia iniezione di capitali. Il documento elaborato dal Fmi parlava di 50 miliardi di euro necessari per i prossimi tre anni, per consentire la tregua necessari all'esecutivo di Atene per poter attuare le riforme, e allo stesso tempo venire incontro alle scadenze dei pagamenti del suo debito sovrano. Il Fondo è il maggiore dei creditori, e ha in mano quasi due terzi del pacchetto di 280 miliardi di prestiti. L'apertura della Lagarde non è stata gradita a Berlino, i cui politici vogliono discutere l'intero pacchetto del salvataggio, prima di iniziare a parlare di nuovi finanziamenti. Comunque il portavoce del ministero per le Finanze tedesco ha ammesso che "non ci sono contrasti con l'istituto di base a Washington, ma solo "differenze di interpretazione" del passaggio che si è inaugurato dopo il referendum. Il filo sottile della semantica cerca quindi di tenere insieme le posizioni dei negoziatori. Non è un caso che la linea possibilista parta da Washington, dove la diplomazia della Casa Bianca secondo gli analisti americani è già al lavoro per esercitare pressioni moderate sull'alleato berlinese, e convincerlo della necessità di un nuovo accordo transitorio.
Esprime timori sul risultato del referendum l'agenzia Fitch, secondo cui la vittoria del "no" «spinge drammaticamente la Grecia verso una uscita disordinata dall'euro». Tuttavia «i rischi di una crisi sistemica nell'Eurozona, che potrebbero scaturire da una Grexit, sono diminuiti negli ultimi tre anni».

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