Tromba d'aria: in 4 minuti di terrore
si è scatenato l'inferno sulle isole

Mercoledì 13 Giugno 2012 di Paolo Navarro Dina
La tromba d'aria di ieri e il risultato del suo terribile passaggio
VENEZIA - A Sant’Erasmo il tornado di ieri mattina ha abbattuto l’ultracentenario Bagolaro. L’albero-simbolo dell’isola. Il vento lo ha alzato come un fuscello e lo ha fatto caracollare a terra, radici all’aria. All’isola della Certosa non esiste più il parco in quella che è denominata "l’Isola Nuova". Spazzate via oltre mille piante ad alto fusto.



A Castello, almeno una quarantina di pini marittimi si sono trasformati in "stuzzicadenti" buttati di traverso in terra. Invece è letteralmente scomparsa, rasa al suolo dalle folate di vento che hanno raggiunto i 115/120 chilomentri all’ora, la sede, sia pure provvisoria della Remiera Casteo, a due passi dal Diporto Velico. Qui, la tromba d’aria ha spazzato via tutto: trentaquattro barche a remi sono finite accatastate attorno allo scheletro di un albero reciso alla sommità.



Poco più in là, un container accartocciato dove al momento del tornado si trovava una dozzina di bambini che sono usciti miracolosamente illesi. Accanto, in un altro container tutto rosso, bellamente ammaccato, aveva trovato rifugio un socio della Remiera, Tino Vidal, il quale, sballottato alla grande, ha rimediato una botta in testa ed è stato portato all’ospedale per controlli.



Così, d’improvviso, alle 11.06 su Castello si è scatenato l’inferno. Come nel 1970, quando morirono 21 persone per una tromba d’aria assassina. Il vortice, con un andamento ondivago, ha sezionato 40 alberi della Pineta, al collegio navale Morosini ne ha abbattuti una trentina, ha raggiunto lo stadio Penzo buttando giù alcuni mastodontici ippocastani, uno dei quali ha demolito una sezione del muro di cinta dello stadio e poi ha proseguito colpendo a morte la Remiera. Quindi ha attraverso la laguna, si è abbattuto sulla Certosa ed ha proseguito verso Sant’Erasmo raggiungendo infine Cavallino-Treporti.



In tutto quattro minuti di terrore. E da un momento per l’altro è stato come essere catapultati sulla scena di un bombardamento. Oppure di un terremoto. Subito è scattata la macchina dei soccorsi: Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Magistrato alle Acque, Protezione civile del Comune. E per verificare la situazione è toccato al vicesindaco Sandro Simionato e all’assessore ai Lavori pubblici, Alessandro Maggioni, insieme al responsabile della Protezione civile, Maurizio Calligaro, recarsi sui luoghi del disastro. «Trentacinque anni di remiera completamente distrutti - ricorda con le lacrime agli occhi, Giuseppe Galardi, della Remiera Casteo - Tutto all’aria. Non c’è più nulla. Una tragedia».



E sul terreno della società sportiva sembra siano passati i carri armati. Nulla è rimasto in piedi. Barche accartocciate, seggiole distrutte, anche il capannone per il rimessaggio è andato in pezzi. «Dateci subito una mano - sbotta Roberto Busetto, celebre regatante - Abbiamo bisogno subito di soldi. Dobbiamo ricostruire!».



Ma il disastro a Castello è solo parte di quanto è accaduto a Sant’Erasmo. Qui sono 13 le case che hanno subito danni: il chiosco delle bevande al Capannone (44 quintali) ha fatto un volo di 30-40 metri andando in pezzi. Poco distante le coltivazioni di Claudio e Carlo Finotello, de "I Sapori di Venezia". Aspettavano in gloria gli ultimi quindici giorni e poi avrebbero raccolto peperoni, ortaggi vari, pomodori. E invece nulla. Tutto massacrato da un tornado che ha lasciato solo gli scheletri di 13 serre coltivate e tanti rimpianti. A qualche chilometro di distanza Alessandro Vignotto, del ristorante omonimo, tappa d’obbligo per le scampagnate in laguna. Il giardino ha perso tutte le piante ad alto fusto; il ristorante ha un buco nel soffitto grande così. «Ero nel magazzino attrezzi - racconta - e mi sono sentito sollevare e poi ripiombare a terra. Una cosa tremenda. Ero con un amico. Pensavo fosse morto, sepolto sotto le macerie. E lui pensava la stessa cosa di me. Alla fine ci siamo abbracciati».



In via dei Forti c’è la casa dell’architetto Alessandro Milner. Una casa colonica con il grande Bagolaro ferito a morte. Tutt’intorno ci sono vigili del fuoco che stanno tagliando i rami più frondosi. «Era il simbolo dell’isola. È venuto giù come una pagliuzza. Il vento ha spazzato parecchie tegole e la guaina di protezione del tetto. Un disastro».



Sant’Erasmo ferito anche negli affetti. Il cimitero dell’isola è sconquassato. Gli alberi sono caduti sulle tombe e hanno spezzato parecchie lapidi. Il viottolo centrale è come se fosse stato macinato dalle radici degli alberi caduti. Il parroco don Mario Sgorlon abbassa gli occhi commosso. Sant’Erasmo è rimasta tramortita, ma chi non ha più un parco è l’isola della Certosa. Alberto Sonino, amministratore di Vento di Venezia, non sta nella pelle. «Sono andati perduti oltre mille alberi tra secolari e più giovani. Una cosa incredibile. Avevamo appena censito tutte le piante. Ora è tutto inutile. In un’area avevamo due container. Li abbiamo trovati, come esplosi, dieci metri più in là. Il vento aveva una forza incredibile».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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