VENEZIA - "Iditarod" per gli esperti di sport estremi è già tutto un programma: si tratta della leggendaria corsa di 1800 km che si disputa ogni anno dal 1973, fra le nevi in Alaska. Al via anche quest'anno c'è la coppia più estrema del mondo: il veneziano Sebastiano Favaro, tranquillo impiegato della Lottomatica, e la sua fidanzata, Ausilia Vistarini, vivace commercialista pavese, ormai veneta d'adozione.
Sono partiti con le loro mtb speciali il 20 febbraio scorso per la gara-impresa che va in scena tra Anchorage, la città più grande dell'Alaska, e Nome, un paesino di tremila abitanti, sul mare di Bering. I partecipanti corrono in condizioni estreme: la zona attraversata dalla gara è completamente deserta e praticamente impercorribile con mezzi diversi dalle slitte, il vento freddo può raggiungere temperature di 70 gradi sottozero e sul percorso si incontrano lupi, alci e orsi. Lungo il tracciato ci sono 27 check-point dove i concorrenti sono obbligati a passare per firmare un registro, ma a parte questo e altre 3 soste obbligatorie, si può seguire qualsiasi tracciato.
Sebastiano durante l'anno si allena ogni giorno percorrendo in bici la dozzina di km che separa la sua casa a Maerne di Martellago dalla sede della Lottomatica, in via Ancona a Mestre, ovviamente con qualsiasi tempo.
Dall'Alaska, lunedì notte, Sebastiano ha scritto via Facebook: «Partenza concitata quest'anno. La bici è arrivata un giorno dopo. Primi 560 km completati. Qui a Mc Grath le temperature sono di oltre -20°, stanotte ripartiremo per il centro dell'Alaska direzione Ruby (dove arrivano stanotte, ndr). Ghiaccio e poca neve per questa edizione che pare molto veloce».
Per percorrere i 1800 chilometri della Iditarod ci vogliono circa 10 giorni. La differenza la fa la capacità di fermarsi il meno possibile e i musher – guidatori di slitta – avanzano initerrottamente giorno e notte: soffrire di allucinazioni a causa del freddo e della deprivazione di sonno è frequente tra i partecipanti. Anche i cani, ovviamente, sono sottoposti a sforzi durissimi.
La gara trae origine da un episodio di 90 anni fa: un'epidemia di difterite colpì Nome e, dato il maltempo, non era possibile far arrivare l'anti-tossina da Anchorage in aereo o nave e si ricorse alla tradizionale slitta. L'episodio ispirò il film d'animazione Balto, il nome del cane da slitta che guidava l'ultimo dei 20 team che raggiunse Nome in soli 5 giorni (127 ore). Oggi si partecipa a piedi, in bici o con gli sci.