Caritas contro i sindaci che negano
l'accoglienza ai profughi: «Imbecilli»

Domenica 15 Febbraio 2015 di Mauro Favaro
Don Davide Schiavon, direttore Caritas e Silvano Piazza, sindaco di Paese
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TREVISO - «Sulla questione profughi i 95 sindaci della Marca si sono comportati come 95 emeriti imbecilli». Don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso, non usa giri di parole.



Intervenendo ieri al convegno «Donne, quelle che vedono nella nebbia», organizzato in casa Toniolo dalla Domus Nostra di Quinto, si è sfogato contro i primi cittadini trevigiani che negli ultimi mesi hanno scelto di sbarrare le porte alle richieste di accogliere immigrati: per un motivo o per un altro l'ospitalità offerta alle persone in fuga dal nord Africa e dal Medio Oriente è stata pari a zero.



Ma don Davide ne ha avute anche per il governo e per l'Europa. E neppure la Chiesa si è salvata. «Non è possibile mettersi a fare teoria davanti a richiedenti asilo, davanti a persone che hanno subito torture e che hanno ancora la pelle bruciata - mette in chiaro puntando il dito contro i sindaci della Marca - davanti a vulnerabilità e a povertà del genere bisogna sporcarsi le mani. Questa è la realtà».



Cosa che, a suo dire, i Comuni si sono guardati bene dal fare, a parte piccole eccezioni temporanee. «C'è l'idea del non è affar nostro - spiega - la stessa alla base della gara in atto, sempre tra Comuni, a togliere la residenza a chi è in difficoltà: non è affar nostro».



«Sui profughi bisogna assumersi la propria parte di responsabilità, senza rinunciare al pensiero critico e senza limitarsi alle polemiche - rincara la dose - e questo discorso, senza fare di tutta l'erba un fascio, vale anche per il mondo ecclesiale». A parte don Aldo Danieli di Paderno, infatti, pochi altri sacerdoti si sono fatti avanti per offrire un tetto ai profughi. E così la Caritas si è sostanzialmente ritrovata a gestire l'accoglienza degli immigrati da sola.



L'organizzazione riceve sì la quota prevista per ogni richiedente asilo ospitato. Ma niente altro. «Il paradosso è che gli organi di governo ci affidano il compito di accogliere gli immigrati - sottolinea il direttore - e poi inviano cinque o più persone solo per controllarci».



La tensione resta alta. La protesta organizzata mercoledì da 120 profughi ospiti del Ceis di Vittorio Veneto, arrivati a bloccare l'Alemagna, lo dimostra in modo plastico. «Ma davanti ai 400 immigrati morti nel naufragio di domenica vedo solo lacrime di coccodrillo. Mentre nel mar Mediterraneo aumentano i pesci carnivori perché trovano cibo in abbondanza - conclude duro don Davide - politici come la Merkel e gli altri non andranno in paradiso. E se ci andranno chiederò io il permesso a San Pietro di poterli cacciare via».



LA REPLICA



Difficile pensare che la reazione di Francesco Pietrobon, sindaco leghista di Paese, potesse essere diversa. «Io difendo i miei cittadini - mette in chiaro - non persone mandate qui senza nemmeno sapere chi siano». Pietrobon non accetta la reprimenda della Caritas. Lo scorso maggio era stato proprio lui a recarsi in prefettura, assieme ad alcuni residenti, per bloccare il trasferimento di 16 profughi in alcuni appartamenti del suo comune. E ci era riuscito.



«Mi sono preoccupato dei miei cittadini e me ne vanto - spiega - il governo porta avanti una politica dissennata sull'immigrazione e quindi è lo stesso governo che se ne deve assumere la responsabilità politica e gestionale. Troppo comodo decidere le cose e poi dire ai sindaci di arrangiarsi». «Non abbiamo strutture - conclude - e non abbiamo risorse per rispondere a un progetto calato dall'alto. Cosa possiamo fare? E ci sentiamo anche dare degli imbecilli. Quanti padri di famiglia sono in difficoltà qui da noi? Con il buonismo non si va da nessuna parte: se la Caritas non può andare avanti dica semplicemente che non ce la fa più. Nessuno la obbliga a ospitare profughi».
Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 07:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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