Commercialista spiava l'impiegata
in bagno: pagherà 4.000 euro

Mercoledì 8 Luglio 2015
Una spy pen
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CORNUDA - Ha ottenuto un risarcimento di poche migliaia di euro dal giudice civile l’impiegata immortalata, con una spy pen, in un luogo intimo come la toilette del luogo di lavoro. Ma gli avvocati Sabrina Bianco e Samantha Aloisi non si arrendono e annunciano ricorso in appello. Il caso scoppiò clamoroso a settembre 2009, quando la 29enne scoprì una spy pen posizionata nel bagno dello studio del commercialista di Cornuda per il quale lavorava.



«Il professionista - spiegano i legali - riprendeva la dipendente in bagno, procurandosi indebitamente immagini intime della donna». Per quel comportamento il commercialista patteggiò 4 mesi, sospesi, pagando le sole spese di costituzione all’ex impiegata. Dopo una quindicina di giorni di malattia l’impiegata (assunta nel 2004), a causa del grave stato d’ansia, si dimise senza preavviso e per giusta causa. Poi si sottopose a numerose sedute di psicoterapia.



Sino a dicembre 2010 rimase senza occupazione e reddito. Poi avviò una causa civile per ottenere il risarcimento. La sentenza, pronunciata giorni fa, è suonata come una beffa. «Il giudice - dicono i legali - ha riconosciuto all’impiegata un disturbo post traumatico da stress di gravità pressoché irrisorio (circa 4mila euro), escludendo la sussistenza di un disturbo cronico, ignorando l’esito della perizia per la quale la 29enne soffre ancora di stati d’ansia e attacchi di panico. La "colpa" della donna per il giudice? Essere un persona fragile. La prova della sua guarigione? Essere riuscita a trovare un nuovo lavoro (dopo 14 mesi), essersi sposata, diventando madre».
Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 08:31

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