Leonardo nello staff di Facebook:
«Zuckerberg è il mio capo»

Domenica 26 Ottobre 2014 di Marco Scarazzatti
Leonardo Piacentini e lo staff di facebook per cui lavora
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ROVIGO - L'incredibile storia di un ragazzo di Rovigo, passato dalla tranquillità della vita in Polesine a lavorare niente meno che per Facebook in California.

Questa in sintesi la vita di Leonardo Piacentini che vanta anche esperienze all'Onu.



«Lavoro a Menlo Park in California. Sono in una città a circa un'ora di strada da San Francisco. La vita negli Stati Uniti è molto diversa dallo stile europeo. Le distanze tra le varie città e la carenza di mezzi pubblici rendono difficile spostarsi con mezzi che non siano l'automobile. Questo e i ritmi frenetici rendono la vita sociale piuttosto scarsa e monotona per chi, come me, vive nelle città di periferia (le cosiddette suburbs). Questa è l'unica cosa che mi manca veramente di Rovigo».



Come è nata l'avventura in Facebook?

«Tutto è cominciato con una riorganizzazione del personale nell'agenzia dell'Onu dove lavoravo. Al tempo, avendo un contratto a tempo determinato, rinnovabile ogni sei mesi, sapevo quasi con certezza che la mia posizione sarebbe stata soppressa. Su consiglio di un mio collega, provai a fare domanda per Facebook direttamente dalla pagina apposita sul sito. Dopo un mese circa, venni chiamato da una reclutatrice di Facebook per uno screening telefonico. Passato lo screening, mi fecero altre tre colloqui tecnici per telefono, prima di invitarmi direttamente nella sede in California per altri cinque colloqui tecnici».



Come viene visto un giovane italiano in un ambito così lontano dal nostro?

«Lo sviluppo delle aziende che si occupano di tecnologia ha reso la cosiddetta Silicon Valley un ambiente molto vario come nazionalità. Una delle qualità principali è proprio l'abitudine delle persone di lavorare e vivere con persone di diversa cultura, usi e costumi. Nella mia azienda non esistono differenze se non basate sul merito».



Tanti italiani e tanti polesani sono costretti a lasciare la propria città per trovare un lavoro decente. È più una fuga questa o una costrizione o ancora meglio una grande opportunità di conoscere gente, luoghi nuovi e fare esperienze diverse?

«La scelta di trasferirmi all'estero non è stata semplice. Inizialmente il tutto era iniziato come un'esperienza che doveva durare tre mesi, quindi più che altro un'occasione per rinvigorire il mio curriculum lavorativo rinfrescando il mio inglese. Dopo quasi sei anni che vivo e lavoro all'estero, la curiosità di conoscere e sperimentare diverse abitudini di vita c'è ancora ma ora è più una necessità di lavorare in una realtà che gratifichi e riconosca la validità della mia figura professionale».
Ultimo aggiornamento: 27 Ottobre, 12:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA