Giallo in Regione, il quadro comprato
da Galan è un "falso" del Veronese

Mercoledì 10 Settembre 2014 di Alda Vanzan
Il quadro dalla paternità contestata
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VENEZIA - Questa è la strana storia di un affresco che la Regione Veneto decise di comprare nel 2002 da un privato per più di 200mila euro, che per anni rimase in una parete del piano nobile di Palazzo Balbi, magnificente sfondo per le conferenze stampa e i vertici istituzionali della giunta, e che adesso andrà a Castelfranco Veneto, pezzo forte della mostra "Veronese nelle Terre di Giorgione" che sarà presentata domani e aperta al pubblico da venerdì. Perché, appunto, si tratta di un Veronese. O forse no.



La strana storia è proprio questa: chi è l’autore dell’affresco comprato 12 anni fa dalla giunta di Giancarlo Galan? Di Paolo Caliari detto Veronese, come disse l’allora soprintendente Anna Maria Spiazzi? O del coevo Anselmo Canèra, come si trova scritto nel catalogo ufficiale della mostra-madre dedicata al pittore e allestita nel capoluogo scaligero?



Certo, se fosse davvero un Canèra, per il privato che lo possedeva e lo ha venduto alla Regione sarebbe stato un buon affare. Inutile domandarsi chi era il proprietario: nei documenti ufficiali il nome non compare. Non, almeno, nella delibera della giunta regionale del Veneto n. 602 del 15 marzo 2002: Ermanno Serrajotto, all’epoca assessore alla Cultura, riferì che c’era questo affresco di Paolo Veronese, raffigurante "Minerva fra la Geometria e l’Aritmetica", 190 centimetri per 284, e che la "denuncia di alienazione" pervenuta in Regione a firma del soprintendente superava "il valore di obbligato atto burocratico per chiamarci a rispondere responsabilmente al problema del rischio di dispersione di un'importante testimonianza della civiltà della villa veneta ovvero di uno dei fondamenti della nostra cultura intellettuale e artistica".



Per farla breve: la Regione decise di esercitare il diritto di prelazione e comprò per 206.582,76 euro l’affresco dal "proprietario privato". Per farne cosa? La delibera di Serrajotto diceva che la giunta avrebbe valutato "le azioni più opportune per trovare degna e prestigiosa collocazione". Fino a ieri pomeriggio, quando sono arrivati due operai che l’hanno tirato giù dal muro e impacchettato, l’affresco stava nel piano nobile di Palazzo Balbi.



Al suo posto è stata messo un altro quadro, però è rimasta la targhetta: "Paolo Veronese (Verona 1528 - Venezia 1588), Minerva tra la Geometria e l’Aritmetica, affresco strappato". E sotto la spiegazione: l’affresco proveniva dalla Villa Soranza di Treville di Castelfranco, edificata verso la metà del Cinquecento dal Sanmicheli; l’edificio, che era stato decorato dal Veronese e dal concittadino Giambattista Zelotti, fu distrutto agli inizi dell’800 e il ciclo pittorico strappato e frammentato in un centinaio di tele, di cui la maggior parte dispersa.



Fin qui la targhetta affissa. In cui, peraltro, non compare il nome di Anselmo Canèra. Che forse è il vero autore dell’opera. A palazzo Balbi raccontano che già negli anni 80 il "Minerva" comparì in una mostra e secondo alcuni critici stranieri la paternità era di Canèra. Anselmo Canèra era uno dei tre, con Veronese e Zelotto, ad essere incaricati nel 1551 di affrescare quattro stanze di Villa Soranza.



Secondo la soprintendente che nel 2002 segnalò alla Regione la vendita dell’affresco, l’autore era Veronese. E allora com’è che nel catalogo della mostra allestita alla Gran Guardia a Verona, la paternità è attributa a Canèra? Lo scrive Diana Gisolfi, che pure lo ripete nella didascalia alla foto: "Anselmo Canera. Minerva tra la Geometria e la Matematica, frammento di affresco da Villa Soranzo, camera C, Venezia, palazzo della Regione".



Riassumendo: la Regione patrocina 6 mostre sul grande pittore, mette a disposizione un affresco del Veronese, ma nel catalogo risulta di Canèra. Un giallo?



Ultimo aggiornamento: 14:00

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