Cinque offerte per il nuovo porto
Operazione da 1,5 milioni di euro

Martedì 24 Novembre 2015 di Alda Vanzan
Cinque offerte per il nuovo porto Operazione da 1,5 milioni di euro
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VENEZIA - Cinque offerte per disegnare il nuovo porto di Venezia. Stiamo parlando non di navi bianche né di crociere, ma di container e merci, vale a dire il porto commerciale che sarà incentrato sulla piattaforma offshore. Un’operazione da un milione e mezzo di euro e che ha un dichiarato obiettivo: permettere allo scalo lagunare di rimanere competitivo da qua al 2030 se non al 2050.



Le buste sono state aperte lunedì scorso dalla commissione esaminatrice nominata dall’Autorità portuale presieduta da Paolo Costa, ma prima di conoscere il nome del vincitore bisognerà aspettare il prossimo mese, dal momento che il raffronto tra dati economici e tecnici è complesso. In ogni caso, le offerte sono state presentate da cinque gruppi industriali, tutti raggruppamenti temporanei di imprese di cui al momento si conoscono i mandatari, cioè i capofila.

Eccoli: 1) l’inglese Aecom Infrastructure & Environment UK Ltd; 2) la genovese D’Appolonia spa; 3) l’olandese Haskoningdhv Nederland B.V.; 4) la milanese Arcadis srl; 5) l’olandese Port Consultants Rotterdam B.V. Tra le società mandanti della capogruppo milanese pare ci sia anche lo studio Rinaldo di Marghera che si è occupato dell’ingegneria del Mose.



Cosa dovrà fare il vincitore della gara? Intanto va ricordato che il bando, che scadeva il 16 novembre, era internazionale e mirato alla redazione del nuovo Piano regolatore portuale. Quello attuale risale al 1965 per la sezione di Porto Marghera e al 1908 per la sezione Marittima, Santa Marta, San Basilio. Visti i nuovi contesti - l’avvio del Mose e della Città metropolitana - l’Autorità portuale vuole ridefinire le strategie perché lo scalo resti competitivo. Tra gli obiettivi del nuovo piano regolatore c’è quello di "favorire un uso portuale sostenibile della laguna perché incentrato sulla nuova accessibilità nautica per le merci garantita dalla piattaforma d’altura (offshore) connessa a multiterminal a terra lagunari e non" nonché favorire l’insediamento di industrie a Marghera e ancora puntare sulle sinergie con altri Comuni come Chioggia e Mantova.



Adesso bisognerà vedere come i partecipanti alla gara hanno inteso sviluppare lo scalo veneziano tenendo conto anche dei nuovi scenari economici. Il bando, infatti, diceva chiaramente che bisognava fare riferimento all’allargamento dei canali di Suez e Panama, all’aumento della dimensione delle navi, alla globalizzazione dei mercati e alla nuova geografia della produzione manifatturiera.

Con un nuovo porto di Venezia, a partire dalla piattaforma offshore, potrebbe rinascere la Via della Seta. Ne ha parlato pochi giorni fa in una intervista anche l’ex premier Romano Prodi, membro del board dell’Università Ceibs di Shanghai, tra gli speaker del Beijing Forum, sostenendo che solo un «grande potenziamento dello scalo di Venezia» potrebbe mantenere l’Italia al centro dei traffici commerciali. Ma proprio il ritorno della Via della Seta è stato al centro di un dibattito, sempre pochi giorni fa, a Palazzo Ferro Fini, sede del consiglio regionale, in occasione della presentazione di un libro e di una ricerca sugli insediamenti in Veneto dei cinesi. Con l’espressa preoccupazione che la nuova Via della Seta sia unidirezionale e che quello di Venezia diventi il porto della Cina.

Tant’è, per fare il porto offshore e ridisegnare lo scalo c’è bisogno di quattrini. Con l’esame delle offerte si saprà chi saranno gli investitori privati.
Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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