Le lunghe notti degli eroi
che salvarono Venezia

Lunedì 27 Aprile 2015 di Giacomo Ivancich
L'assalto dei partigiani alla caserma della Guardia nazionale repubblicana a Venezia
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Poco si è scritto in Italia sulla liberazione di Venezia, compiutasi 3 giorni dopo quella di Milano il 25 aprile, data poi adottata per la Festa della liberazione. Per converso la stampa inglese, il Sunday Telegraph, le ha dedicato nel 1995 una pagina intera intitolata “Gli eroi segreti che hanno salvato Venezia”.



L’entrata in campo decisiva dei partigiani era scadenzata in quei giorni dall’andamento del ritiro delle armatissime truppe tedesche dalle città del Nord, incalzate da quelle alleate che avevano traversato il Po il 25 aprile. A Venezia in particolare le forze del Reich erano rimaste oltre quella data, avendo piani per far saltare l’Arsenale, il porto, la centrale elettrica, il ponte, tutti i depositi di munizioni e di bombardare parte della città. 700 militari nel centro, 2000 al Lido e navi con cannoni pronti a sparare. Non mancavano milizie fasciste. I partigiani in città erano meno di mille, armati al massimo con pistole. Confidavano sull’adesione dei carabinieri.



Una riunione del Comitato di liberazione nazionale a casa mia in Calle del Rimedio aveva nominato Camillo Matter, mio padrino, Commissario Prefettizio (fu poi il primo Prefetto dopo la liberazione) e deciso le linee d’azione.

Mio fratello maggiore Gianfranco (in battaglia Adriano), a 23 anni in clandestinità capo del servizio informazioni, era fra i protagonisti, e teneva nascosto in casa un piccolo fucile mitragliatore tommy gun. Era anche membro dell’organizzazione Hollis di Pietro Ferraro, personalità spericolata e autorevole, dipendente dai servizi segreti alleati e super ricercato (medaglia d’oro, poi sposò Mynna Cini).



Poco prima di mezzanotte del 27 un piccolo gruppo di partigiani armati, con membri del CNL provinciale, Matter e mio fratello si riuniscono nel campiello della Fenice, per poi andare ad occupare la vicina Prefettura con la complicità di fedeli impiegati, e stabilirvi il quartier generale dell’insurrezione che si mette in moto lentamente in varie parti della città.



La reazione delle SS tedesche, di stanza all’Hotel Regina, all’alba del 28 aprile non manca, ma deve desistere, ben contrastata dalla resistenza dall’interno di Ca’ Corner.

Mentre Gianfranco Ivancich dirige e coordina telefonicamente le diverse iniziative partigiane, intimando anche un ultimatum al Comandante delle truppe della Caserma Manin, Pietro Ferrero, con 3 membri del CNL e la “spia” italo- inglese Cottrell si presenta spavaldamente all’Hotel Regina verso le 13, per trattare con il comandante della Marina Korn, offrendo la ritirata senza interferenze delle truppe germaniche da Venezia in cambio della rinuncia a danneggiare la città e le navi italiane e della consegna della mappa delle zone minate nel porto e nella laguna. I comunisti avevano osteggiato inizialmente la trattativa, per poi cedere alla maggioranza del CNL.



La trattativa si prolunga fino alle 5 del mattino seguente, con svolte drammatiche e bluff dalle due parti. Mine vengono fatte detonare all’Arsenale, con pronta reazione degli arsenalotti. Alla fine i tedeschi ammettono la sconfitta e verso le 6 del mattino lasciano la città intatta. I sanguinosi attacchi dei fascisti si esauriscono. Alle 14 del 29 aprile arrivano a piazzale Roma i primi soldati neozelandesi. Il quartier Generale alleato viene stabilito all’Hotel Danieli, dove si installa anche mio fratello con Ferraro.

In quei giorni si sviluppa anche un altro drammatico affrontamento, questa volta fra gli Alleati e Tito, che occupa e intende annettersi Trieste. Ma questa è un’altra storia.
Ultimo aggiornamento: 10:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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