«In questo modo la matematica
può rendere libero l'uomo»

Giovedì 5 Marzo 2015 di Sergio Frigo
Il filosofo della scienza Giulio Gioriello
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VENEZIA - La matematica come luogo delle regole inderogabili, e in quanto tale paradigma di libertà.



Un paradosso solo apparente, che il filosofo della scienza Giulio Giorello, abituato agli sconfinamenti disciplinari, illustrerà sabato alle 11 nella sua prolusione per l’inaugurazione del 203° Anno Accademico dell’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, il primo sotto l’egida del nuovo presidente Guido Zucconi.



«Ci sono due aspetti da tener presenti - spiega il matematico-filosofo - Possiamo partire dalla considerazione contenuta nel vecchio grande libro "La dialettica dell'illuminismo" di Theodor Adorno e Max Horkheimer, secondo cui la matematica "riflette coazione e gerarchia”, per cui si comincia con un assioma da cui derivano, con un ordine logico, teoremi e altri risultati, e non può essere altrimenti».

Appunto: dov'è la libertà in questo?

«Nel fatto che una volta poste certe premesse e date certe regole, non c’è nessuno che possa sfuggire alla loro coerenza interna, neanche i potenti possono aggirarle o modificarle secondo il loro arbitrio. Come nella convivenza civile: le regole universali servono a tutelare i deboli dai soprusi dei potenti».



E il secondo aspetto che collega matematica e libertà?

«Se si cambiano le premesse a cui facciamo riferimento, può venir fuori un mondo affatto diverso da quello a cui siamo abituati. Si veda ad esempio la scoperta delle geometrie non euclideee, che ha aperto a una delle più grandi avventure dello spirito. Ecco, la matematica è una grande fabbrica di alternative: sviluppando il senso critico è un modo per aggirare il principio di autorità. L’aveva capito bene Galileo Galileo che scriveva nel 1623 ne "Il Saggiatore" che il mondo è un grande libro scritto con caratteri matematici, anzi con figure geometriche, aggiungendo però che chi questo linguaggio non lo capiscee è destinato a "fare proprio l’intelletto altrui"».



Una contributo utile, dunque, anche alla dialettica democratica contemporanea...

«Si, certo, in questo senso la matematica è una palestra di democrazia, e i matematici possono essere doppiamente orgogliosi: primo perchè la loro disciplina sostanzia la critica e ci difende dal pensiero unico; secondo perchè è capace di criticare se stessa, scoprendo non solo che ci sono dei limiti, ma che è possibile sempre andare modificando le premesse. Spinoza riprendendo Galileo sostiene che "le dimostrazioni sono gli occhi della mente"».



Cambiando discorso, lei compare fra i cinquanta intellettuali che hanno firmato la petizione contro l’acquisto della Rizzoli da parte di Mondadori. Perchè?

«Io non metto dubbio la professionalità nè il ruolo culturale svolto da entrambe le case editrici, con le quali ho avuto modo di collaborare proficuamente in passato. Lascia perplessi però la grandezza del colosso editoriale che si verrebbe così a formare, un passo avanti sulla strada del monopolio, anche se ancora non lo è; e io personamente non amo i monopoli, nemmeno dei tabacchi o dell’alcool».



Lei ha dichiarato, in merito alla competizione delllo scorso fra le città italiane per proporsi come capitali della cultura, che "Venezia non è neanche un museo. Ormai è solo un grande emporio". Può spiegare?

«Non voglio cadere negli stereotipi, ma Venezia - per la sua storia - non ha bisogno di essere qualificata "capitale della cultura", lo è già. Però meriterebbe di più dell’invasione delle grandi navi e della bassa commercializzazione di cui è oggetto: deve però trovare al suo interno la forza reagire».
Ultimo aggiornamento: 11:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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