Città Metropolitana, si ferma tutto:
arriva lo stop di Luca Zaia

Lunedì 2 Giugno 2014 di Daniela Boresi
Luca Zaia
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Mentre i sindaci lavorano la Regione ha preso il toro per le corna e ha fatto il passo avanti: la legge sulle città metropolitane non s’ha da fare. Richiamati tutti gli assessori da un giorno di riposo, ieri mattina il governatore Luca Zaia ha convocato una giunta straordinaria.



Oggetto: dare mandato all’avvocatura regionale, supportata dal professor Luca Antonini, di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge del 7 aprile 2014 sulle città metropolitane. Un tema che già la Regione aveva preso con le pinze e che invece l’attuale governo centrale intende accelerare. Zaia non ha dubbi: «É una riforma allucinante». E i motivi sono presto detti. La legge così come esce da Roma prevede la costituzione di nove città metropolitane, tra cui quella di Venezia, con un territorio che di fatto secondo la Regione Veneto, corrisponderà a quello delle province. Il Veneto sostiene che una tale istituzione debba essere fatta tramite una procedura costituzionale, cosa che la legge 56 non prevede.



Ma non solo. «Nel prevedere che la città metropolitana coincida con il territorio della provincia, considera per i comuni capoluogo limitrofi la possibilità di aderirvi. - sottolinea la Regione - Ma questo senza consultare le popolazioni interessate». «Abbiamo voluto con forza questo ricorso perché la città metropolitana si delinea come l’ennesimo, inutile e incostituzionale carrozzone», commenta il presidente Zaia che paventa anche uno scenario a dir poco paradossale. «Con la legge Delrio, la popolazione della provincia di Venezia si troverà ad avere come proprio sindaco metropolitano quello del capoluogo, senza averlo scelto o democraticamente eletto. Una sorta di supercommissario».



Che la Regione fosse contraria alla città metropolitana non è una novità. Nonostante i sindaci della cosiddetta Pa.Tre.Ve. (Rossi, Manildo, Orsoni) abbiano già dato vita a più di un incontro per cominciare a dare una forma alla realtà, il governatore ha in più occasioni dimostrato la sua contrarietà, dimostrando di preferire una città metropolitana di Venezia a cui facciano parte non solo Padova e dintorni, ma tutti i 581 comuni del Veneto.



La fuga in avanti del governatore non è piaciuta, come era inevitabile, ad un grande sostenitore delle città metropolitane, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni che definisce la decisione della giunta regionale "uno spot elettorale in vista del secondo turno delle amministrative". «L'impostazione che viene data al preannunciato ricorso - continua Orsoni - dimostra come non si sia voluto capire quale è il senso della riforma Delrio. La giunta veneta si pone in una posizione di arretratezza culturale. Confido nel fatto che gli italiani sappiano distinguere chi vuole modernizzare il Paese e chi invece mira a conservare istituzioni superare».



Immediata la risposta di Zaia che rilancia e allarga il tiro buttando sul piatto anche la proposta di tagliare il numero delle regioni. «Perché non seguire l'esempio della Francia dove il presidente Francois Hollande ha annunciato di voler ridurre le attuali 22 regioni del paese transalpino a sole 10? - chiede Zaia - Un'operazione che permetterebbe un potenziale risparmio tra i 12 e i 25 miliardi di euro l'anno per lo stato francese. Lo fa la Francia, perché non lo fa l'Italia?» E a Orsoni ribatte: «Il vero riformismo che noi vogliamo prevede di attuare riforme razionali e non contro la Costituzione. Stiamo ancora pagando i danni dei provvedimenti del governo Monti sui province e città metropolitane che la Consulta ha dichiarato incostituzionali. Il governo mostra dunque di non aver ancora fatto tesoro della dura lezione impartita dai giudici costituzionali. Parecchi costituzionalisti, peraltro, durante le audizioni alle Camere avevano evidenziato con forza gli innumerevoli difetti della legge Delrio».

Oltretutto entra in gioco anche un fatto tecnico che ha fatto accelerare la decisione della Giunta di ricorrere: i tempi per presentare la richiesta alla Corte Costituzionale scadono venerdì. Quindi, ora o mai più.
Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 07:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA