Terremoto, uno speleologo trentino
tra i quattro italiani ancora dispersi

Domenica 26 Aprile 2015
Oskar Piazza e la devastazione in Nepal
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TRENTO - Ansia per quattro speleologi italiani del Soccorso alpino che si trovavano in Nepal nel villaggio di Langtang, travolto da terra e detriti a causa della raffica di scosse sismiche che hanno devastato la regione centro-occidentale nepalese, e che da ieri non danno più notizie di sè. Sono Giuseppe 'Pino' Antonini, 53 anni, di Ancona, Gigliola Mancinelli, anche lei di Ancona, medico anestesista, Oskar Piazza, del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige, e Giovanni 'Nanni' Pizzorni, 52 anni, genovese, esperto torrentista.

A lanciare oggi l'allarme è stato il fratello di Antonini, Roberto, che aveva sentito lo speleologo dopo la scossa di terremoto.

Pino, che ha un telefono satellitare, era riuscito a mettersi in contatto anche con la compagna, poi più nulla. Antonini è specializzato in operazioni di grotta e forra. È direttore della Scuola forre del Soccorso alpino e tecnico di elisoccorso; la Mancinelli è anestesista rianimatrice al cardiologico 'Lancisi' ma anche tecnico speleologo; Piazza, della Scuola nazionale tecnici, è anche vice direttore della Scuola nazionale forre mentre Pizzorni è uno dei torrentisti più noti a livello nazionale. È anche formatore della scuola specializzata per questa pratica e vicedirettore della Aic Canyoing del Cai di Genova. Il gruppo si trovava nel villaggio maledetto per esplorare delle forre, ma avevano rinviato l'escursione a causa del maltempo. «Mio fratello - racconta Roberto Antonini - era lì perché dovevano esplorare due canyon, ma so che erano rimasti nel villaggio».

Piazza aveva comunicato con i colleghi trentini tre giorni fa. «Sono convinto che siano in difficoltà con le comunicazioni. Saranno lì a dare una mano, visto ciò che è accaduto», dice Adriano Alimonta, presidente del Soccorso alpino del Trentino. «Non voglio minimizzare - aggiunge Alimonta - ma per ora lo spirito con cui viviamo la vicenda è questo. È troppo presto per dire che sono dispersi. Per ora possiamo solo dire che sono fuori dalla portata delle comunicazioni. Certamente chi è a casa si preoccupa sempre, ma sappiamo che può succedere. Teniamo conto che potrebbero avere anche difficoltà a ricaricare i telefoni, pure avendo un pannello solare, se il tempo non fosse bello». «Ciò che sappiamo - dice ancora - è che erano nella zona di Langtang, che si trova più o meno a otto ore di automobile da Kathmandu più circa tre ore di trekking. Ma non so molto altro, perché li avevamo sentiti nei giorni passati e non avevamo certo parlato a lungo, come sempre in questi casi. So solo che avevano comunicato prima del primo terremoto, dicendo che il tempo era brutto e che quindi avrebbero probabilmente rinviato le discese nelle forre che avevano in programma».

Intanto l'Unità di crisi della Farnesina prosegue la ricerca dei nostri connazionali nel Paese con una squadra in partenza per Kathmandu, dove collaborerà con un "advanced-team" della Protezione civile. Un lavoro reso molto difficile dalle condizioni delle comunicazioni telefoniche sul posto e dal fatto che solo otto italiani si erano registrati al sito "Dove siamo nel mondo" prima di partire per il Nepal.

Ad accrescere l'ansia di familiari e amici per la sorte degli speleologi, arrivano le notizie su Langtang: secondo le autorità locali, il villaggio a oltre 7.000 metri non esiste più, spazzato via da un mare di terra e detriti. E le prime drammatiche testimonianze degli italiani che sono riusciti a salvarsi. «Siamo vivi per miracolo. Abbiamo visto i templi e il palazzo reale di Durbar Square afflosciarsi davanti ai nostri occhi come tasselli di un domino», hanno raccontato Roberto Spiritelli e Marusca Cordini, una coppia di lombardi che era appena arrivata a Kathmandu per una vacanza. Al momento della prima violenta scossa erano appena usciti con una guida dal palazzo della Kumari, la dea bambina, nella storica piazza Durbar. «Siamo stati investiti da una nuvola di polvere - hanno raccontato con la voce rotta dall'emozione - e istintivamente ci siamo abbracciati tutti e tre. Quando ho rialzato la testa c'erano solo mucchi di macerie e gente che urlava». Ora sono in attesa di trovare un volo per ritornare in Italia.

«Stanno bene» e sono stati rintracciati anche i due fratelli fiorentini Daniel e Elia Lituani, 25 e 22 anni, che si trovavano in Nepal da due settimane. «Ha telefonato la ragazza di mio figlio: stanno tutti bene», ha detto il padre Marco che dei figli non aveva notizie da quasi 30 ore dopo il terremoto. Non è chiaro dove si trovassero i due giovani e una loro amica tedesca al momento del sisma, anche perché l'ultimo contatto con la famiglia risaliva ad una mail inviata una settimana fa da Pokhara, una delle città più vicine all'epicentro. Sono sane e salve anche due turiste di Senigallia, Claudia Greganti e Tiziana Cimarelli, che sono riuscite a rassicurare amici e parenti attraverso sms. Stavano viaggiando da Kathmandu a Chitwan a bordo di una jeep con l'autista, una guida turistica e l'amico Francesco Tardella quando, all'improvviso, sono stati travolti da una frana. «Non so come ne siamo usciti vivi. Ci sono piovuti addosso macigni pesanti 30 kg l'uno», ha raccontato Tiziana. «A vedere l'auto, completamente distrutta, nessuno avrebbe creduto che ci fossero dei superstiti».

Sono scampati al pericolo anche Francesco Quadruccio e Francesco Vetrone, due bolognesi partiti il 13 aprile per un trekking che doveva raggiungere il campo base dell'Everest. Non finisce invece l'incubo per gli alpinisti italiani bloccati sul "tetto del mond"'. Marco Zaffaroni, che si trova insieme con Roberto Boscato, oggi ha postato un messaggio sul blog della sua spedizione "Everest2015instilegitante" spiegando che la situazione è «stazionaria» ma almeno sono arrivati «i primi elicotteri per portare a valle le persone bloccate qui al Campo 1». Il turno dei due scalatori «dovrebbe arrivare domani», ha scritto ancora, dicendo di essere «tranquillo».

Marco Confortola, bloccato invece sul Dhaulagiri, ha detto al telefono di essere preoccupato «perché le scorte alimentari si stanno fortemente riducendo e con la nuova forte scossa di oggi la situazione è diventata ancora più pericolosa con altre, grosse valanghe». Ma ha intenzione di scendere a valle «il prima possibile con le mie gambe. Gli elicotteri devono servire unicamente per i soccorsi della popolazione».

Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 16:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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