Viaggio a Tarvisio, porta spalancata
per i clandestini che arrivano da Est

Sabato 30 Maggio 2015 di Giuseppe Pietrobelli
Viaggio a Tarvisio, porta spalancata per i clandestini che arrivano da Est
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TARVISIO - Ombre furtive si muovono nel buio della notte. Camminano in fila indiana, uno dietro l’altro, lungo la corsia dell’autostrada diretta verso Udine, i ragazzi venuti dall’Afghanistan. Lo hanno già fatto innumerevoli volte, ai confini con l’Iran, con la Turchia, con la Serbia, con la Bulgaria e con l’Ungheria. Troppo pericoloso, laggiù, per i trafficanti di uomini transitare a bordo dei camioncini. Avrebbero rischiato l’arresto e il fermo del mezzo. Meglio lasciarli a piedi, al massimo i disperati che cercano di arrivare in Europa sarebbero stati fermati e portati in qualche centro di raccolta.



Ma qui, al valico del Tarvisio, sono ormai arrivati alla mèta. Non una città o un luogo specifico, ma un grande paese, l’Italia, che per loro è sinonimo di Occidente, di Eldorado, in molti casi di libertà e di salvezza. Basta mettere un passo oltre il confine per sentirsi in qualche modo arrivati, anche se quasi nessuno di loro sa dove andrà. Così, quando sono stati intercettati dalla Polizia, non hanno cercato di fuggire, di perdersi in mezzo ai campi, operazione non impossibile a quell’ora. Docilmente si sono fatti portare in caserma, comunque soddisfatti di aver raggiunto un primo obiettivo nella loro ricerca di una nuova vita. Non a caso uno come loro, arrivato alcune settimane fa, ha detto: «Veniamo in Italia perchè sappiamo che qui c’è un governo buono che ci aiuta».



Li senti da lontano. A causa della puzza. Sono 21, tra di loro alcuni minorenni. C’è chi dorme comodamente sull’asfalto, provato dagli ultimi due giorni senza sonno e da un viaggio lungo e stressante. C’è chi sta semplicemente seduto su un muretto aspettando che il tempo trascorra e che si concluda la procedura burocratica che dovrebbe portarli fuori dalla stazione di Polizia, con un foglio in tasca. Tutti hanno una mascherina sulla bocca, per ragioni sanitarie. «Ma siamo davvero in Italia?» chiede titubante uno spilungone con un giaccone spellato.



Non sa ancora se deve ritenersi in salvo o se gli agenti lo rimanderanno indiero. Sul pennone sventolano la bandiera italiana e quella europea inzuppate dalla pioggia, una conferma che lui non sa interpretare.



A questo gruppo raccolto dalla Polizia se ne devono aggiungere altri 26, fra cui tre minorenni, che si trovano nella caserma dei carabinieri a Tarvisio, a neanche un chilometro di distanza. Cinquanta persone in una sola notte. Sono cifre che danno l’idea dell’emergenza immigrazione al confine Nordest dell’Italia. Una quindicina d’anni fa, qui c’era il buco nella rete, entravano dalla Slovenia, superando a piedi il confine. Adesso che con Schengen la rete non c’è più (i confini europei si sono spostati in Slovenia e Ungheria) non c’è più nemmeno il buco. Al suo posto, una voragine. Una piccola Lampedusa in mezzo ai monti.

Il secondo manipolo è stato intercettato dai carabinieri mentre scendevano da un camion in autostrada.



L’autista, un ungherese di 65 anni, è finito in carcere, accusato di immigrazione clandestina. Un passeur, profumatamente pagato. Come lo slovacco di 38 anni che ne aveva 12 in un furgone. Perchè l’ultima tappa del viaggio, dall’Ungheria, frutta dai 50 ai 100 euro a persona, a seconda degli accordi degli intermediari. È solo l’ultima tratta di un viaggio cominciato molto, molto lontano.



Sono gli immigrati a raccontarlo, disegnando quello che non riescono a spiegare in uno stentatissimo inglese. «A Kabul i talebani hanno ammazzato due fratelli più grandi di me. Per questo sono fuggito. In famiglia abbiamo raccolto 6mila euro e li abbiamo consegnati a un uomo dell’organizzazione. Ho salutato mia moglie e sono partito» racconta un ventenne, che laggiù aggiustava e guidava auto. «In due ore a bordo di un camion siamo arrivati al confine con l’Iran. Ci hanno fatti scendere, poi abbiamo proseguito a piedi».



Automatismi del grande traffico di uomini. Attraversata la linea immaginaria, hanno trovato un altro camioncino che li aspettava. Stipati in venti, pochissime soste per i bisogni essenziali. La scena si è ripetuta più volte fino ad arrivare in Ungheria. Lì c’è il grande centro di raccolta di Debrecen. Ed è lì che tutti hanno già presentato domanda di asilo. Ma poi sono andati avanti, verso l’Italia.



«Il tuo paese è bello, io voglio stare qui» dice il ragazzo che si è lasciato alle spalle la guerra, la violenza talebana, i lutti delle famiglie. Viaggiano senza passaporto, ma anche senza soldi. Così dicono. «Io voglio andare a Roma, quanto lontana è Roma?».



I poliziotti sono pazienti. Sono loro la prima diga su cui si abbatte l’onda della migrazione via terra. Trecento ne sono arrivati in caserma dall’inizio di maggio. Un record perchè in totale nel 2013 i passaggi sono stati 800, il doppio l’anno scorso. Adesso è super lavoro. Di ognuno viene riempita una scheda, con i dati anagrafici, qualche dettaglio sul viaggio e, soprattutto, la richiesta di asilo. Lo fanno tutti, perchè così la procedura che li protegge è avviata. Poi viene dato loro un invito a presentarsi in Questura a Udine per perfezionare le pratiche della richiesta di riconoscimento dello status di profugo.

Nel pomeriggio vengono lasciati andare, dopo essere stati rifocillati grazie ai pasti della Caritas e della Croce Rossa. Ma anche la mensa della Polizia provvede. E da qui comincia una nuova avventura. Dove andranno? Dove dormiranno? Si presenteranno in Questura o proseguiranno verso altre destinazioni? «Da qualche tempo si assiste a molti minori accompagnati da qualche fratello maggiore. Così dicono loro. Ma in qualche caso è vero, perchè quando abbiamo separato il maggiorenne dal più piccolo, quest’ultimo è scoppiato a piangere» racconta un agente.

Il presidio sociale, per i minorenni, è il Comune di Tolmezzo, che rischia il collasso. E ora anche l’emergenza sanitaria dopo i manifesti informativi che mettono in guardia dalla scabbia. Per legge il compito di accoglienza spetta alla comunità amministrativa dove i ragazzi sono stati intercettati. Un po’ come accade a Venezia quando vengono trovati piccoli clandestini sulle navi che arrivano da Igoumenitsa. Nadia Campana è l’assessore alle Politiche sociali.



«Abbiamo già stanziato 500 mila euro nel bilancio preventivo, perchè dobbiano sostenere noi le spese, lo Stato ci rimborsa soltanto dopo. Nel 2014 abbiamo speso 450mila euro per 200 persone. In quattro mesi nel 2015 ne abbiamo già sborsati 160mila». L’impegno economico per ogni minorenne, nelle strutture riconosciute dalla Regione, è di 80-120 euro al giorno. «Ma quale bambino costa così tanto?» si chiede l’assessore. Che boccia le politiche dell’Europa e dell’Italia. «Siamo abbandonati. Finchè continuerà l’accoglienza di massa, senza un progetto di integrazione non si risolverà niente. Ma bisogna controllare i flussi».



È anche per questo che il Friuli al collasso ha già detto che non vuole accogliere i profughi di Lampedusa distribuiti in tutta Italia.
Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 08:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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