I 70 anni di Rita Pavone,
una vita da Gian Burrasca

Lunedì 24 Agosto 2015
Rita Pavone nei panni di Gian Burrasca
ROMA - Tutta pepe e una grande voce, un carattere determinato e la capacità di andare controcorrente anche con le scelte personali.

Rita Pavone, nata a Torino il 23 agosto 1945, quando la guerra era appena terminata, ieri ha spento 70 candeline sulla torta di una carriera ricca e lunga. Sembra impossibile, ma il Gian Burrasca della televisione, l’icona pop che ha lasciato un segno indelebile nella musica italiana, uno dei simboli dell'epoca d'oro del 45 giri, quando la sua Jaguar rosa diventò un giocattolo, oggi è una vivacissima settantenne.



Personaggio inconsueto, a cominciare dall’aspetto fisico: alta poco più di un metro e 50, rossa di capelli (la chiamavano «pel di carota»), animata da un'energia incontenibile, negli anni '60 ha prodotto una serie di singoli che fanno parte della storia del costume del nostro Paese: «La partita di pallone», «Datemi un martello», «Il ballo del mattone», «Come te non c'è nessuno», «Cuore». Alzi la mano chi non ne ricorda parole e motivi.



Al culmine del successo canoro, nel 1964, è stata la protagonista di uno degli sceneggiati più famosi e celebrati della nostra tv: «Il giornalino di Gian Burrasca», regia di Lina Wertmuller, musiche di Nino Rota orchestrate da Luis Enriquez Bacalov, suo storico arrangiatore. Non è un caso che si sia meritata una citazione perfino nel saggio di Umberto Eco «Apocalittici e integrati». Fu in quegli anni che la sua carriera si arricchisce di altri classici come «Il geghegé» e «Fortissimo». Sono 50 milioni i dischi venduti nella sua carriera.



Ha pubblicato non solo in tutta Europa, Inghilterra compresa, dove le sue canzoni sono state riprese da artisti famosi, ma è arrivata a farsi conoscere negli Stati Uniti. Per cinque volte si è esibita all'«Ed Sullivan Show», il padre di tutti i talk show, ha scalato la classifica di Billboard e ha partecipato a spettacoli dove il suo nome era accanto a quello di Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Beach Boys, Animals, Supremes e perfino Orson Welles.

Rita senza confini. Si è esibita a New York, alla Carnegie Hall, presentata da Ed Sullivan.

Nel 1972, con la versione di «La suggestione», scritta da Claudio Baglioni, è salita al secondo posto in Francia ma la sua popolarità era arrivata anche in Giappone e Sud America. Un percorso straordinario per un'artista italiana, accompagnato dalla costante attenzione dei media per il suo matrimonio con Teddy Reno, suo pigmalione e uomo della sua vita. I due sono ancora felicemente sposati dopo quasi 50 anni.



Eppure l'Italia di allora guardava con sospetto il fatto che tra i due ci fossero quasi vent'anni di differenza e che Teddy Reno avesse alle spalle un matrimonio civile. Questo può aver in qualche modo condizionato la sua immagine di ragazzina dotata di una gran voce, bravissima ballerina e con una naturale attitudine tipo alunno dell'ultimo banco.

Sicuramente sulla sua carriera, come su altri suoi colleghi legati alla stagione del 45 giri, hanno influito i profondi cambiamenti culturali e musicali degli anni '70 con l'avvento dei cantautori e di un modo di concepire la musica più legato alle istanze del rock.



La sua carriera non ha più toccato le vette di un tempo, ma ha conosciuto altre varianti musicali, televisive e perfino teatrali. Ma per tutti Rita è rimasta soprattutto quell’impertinente che ne combinava di tutti i colori cantando «Viva la pappa con il pomodoro». Un mito nel mito.
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