Indipendenza, l’assessore Ciambetti:
il referendum? Prima i fondi

Domenica 29 Giugno 2014 di Alda Vanzan
Il referendum? Prima servono i fondi
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VENEZIA - Prima si raccolgono i soldi, poi si fa il referendum sull’indipendenza. La priorità è esclusivamente economica: garantire attraverso donazioni liberali la copertura finanziaria, stimata in 14 milioni di euro, per fare chiedere ai veneti se vogliono o no l’indipendenza della loro regione. Tutto il resto - dalla propaganda alle procedure di voto - viene dopo. Così l’assessore regionale Roberto Ciambetti risponde agli attivisti di "Indipendenza veneta" che l’altro giorno, in una conferenza stampa a Palazzo Ferro Fini ospiti del consigliere Giovanni Furlanetto, hanno accusato la Regione - sia giunta che consiglio - di inerzia.



«La legge è stata pubblicata sul Bur martedì scorso», dice Ciambetti che dal governatore Luca Zaia ha avuto l’incarico di seguire il processo attuativo della legge 16/2014 per il referendum sull’indipendenza. «Sto predisponendo tutti i passaggi necessari previsti dalle norme, con l’attenzione e accortezza di chi vuole produrre atti che non siano impugnabili e contestabili». Il primo atto? Reperire i fondi: «Il referendum - dice Ciambetti - si terrà, come dice la norma, quando avremo raccolto 14 milioni di euro, visto che non possiamo né vogliamo assolutamente attingere a risorse pubbliche. Non si tratta di organizzare una semplice colletta: anche nella disciplina della raccolta dei fondi vogliamo garantire la massima trasparenza, legittimità e impedire eventuali contestazioni per cui bisogna fissare dei tetti, porre regole chiare e dare garanzie dell’uso dei fondi prevedendo anche la restituzione nel caso in cui non si raggiunga l’obiettivo minimo senza che ciò determini costi aggiuntivi». Tradotto: la proposta avanzata l’altro giorno da un indipendentista secondo cui basterebbe che ciascun veneto donasse 2,84 euro, è improponibile, perché in caso di necessità di restituire i soldi per mancato raggiungimento dei 14 milioni si verrebbe a spendere di più di commissioni bancarie. Quindi - dice Ciambetti - bisognerà fissare un tetto minimo.

Se la fissazione della data spetta al consiglio regionale, c’è la questione della modalità di voto che è di competenza della giunta. «Si faccia il voto telematico», ha chiesto l’avvocato Alessio Morosin di "Indipendenza veneta". Non si può, dice Ciambetti: «La consultazione deve essere riconoscibile e corretta». Domanda: non è che la giunta prima di muoversi sta aspettando che trascorrano i sessanta di giorni di tempo per vedere che la legge non venga impugnata dal Governo? «Veramente stiamo già lavorando e, come detto, il primo problema da risolvere è quello dei fondi».



Viene sempre citata la Catalogna come punto di riferimento, ma, dopo aver sentito la vicepresidente Joana Ortega, l’altro giorno a Venezia, non sembra che i catalani siano tanto più avanti dei veneti. «Infatti - dice Ciambetti - stanno ancora studiando la legge per fare il referendum. E, come ha detto la vicepresidente Ortega, c’è il rischio che Madrid impugni e il 9 novembre non si voti. Sono determinati, ma stanno ancora preparando la legge».



Cosa pensa delle iniziative annunciate da Furlanetto, Morosin & C.? «Sono ben felice per ogni azione democratica che miri a sostenere e promuovere la causa della consultazione popolare sull’indipendenza. Ma totalmente critico verso chi solleva polemiche dannose per il processo indipendentista. Non dobbiamo sottovalutare i pericoli di realtà e gruppi tutt’altro che impermeabili a infiltrazioni di provocatori il cui scopo è screditare e ridicolizzare quanti hanno messo la loro faccia in questa battaglia, esponendosi in prima persona a iniziare dal presidente Zaia. Sarebbe un errore madornale fare il gioco di chi vuole sabotare l’esito del voto del consiglio regionale e impedire la consultazione popolare».
Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 09:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA