L'Aquila, il Veneto adottò la chiesa
distrutta ma i soldi non si sono visti

Venerdì 21 Agosto 2015 di Donatella Vetuli
La chiesa di San Marco a L'Aquila
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«La Regione Veneto ha provocato più danni che altro. Ora mi rivolgo al governatore Luca Zaia: torni a occuparsi della chiesa di San Marco. È stata abbandonata dopo il solenne impegno del restauro. Adesso sta crollando. A sei anni dal terremoto».

Don Daniele Pinton non si arrende al cratere che ha ingoiato l’Aquila, neppure alle promesse mancate della politica del lontano Nordest, nè ai biblici tempi della ricostruzione dopo il sisma del 2009. La chiesa di San Marco, di cui è parroco, e che oggi si sta letteralmente sbriciolando, all’indomani del terremoto fu adottata dal Veneto. Un’iniziativa promossa dal ministero per i Beni e le attività culturali per sostenere una città rasa al suolo che contava 309 morti. Sull’onda dell’emozione si fecero avanti da ogni parte del mondo, dagli Usa al Kazakistan. Giancarlo Galan, allora presidente della Regione, non volle sfigurare e si impegnò nel restauro della chiesa dedicata al santo patrono di Venezia, di cui all’epoca si calcolavano già 6 milioni di danni. Con altrettanto entusiasmo promosse il 25 aprile, festa di San Marco, una sottoscrizione per la ricostruzione dell’edificio. La chiesa, del XV secolo e di proprietà della Curia, inserita nella lista delle opere da sistemare con la «massima urgenza», venne messa in sicurezza, ma, cambiata la giunta veneta, fu firmata un anno dopo la delibera di definanziamento dei lavori. Si motivò la scelta per la grave crisi internazionale, non si potevano sostenere costi milionari dopo i 600 mila euro già spesi per imbragatura e ponteggio. Il cantiere, assegnato a una ditta padovana, fu chiuso, il progetto rimesso nelle mani del vice commissario per il patrimonio culturale. Addio all’Aquila, e alla solidarietà.

«Che disastro - incalza oggi don Pinton, che il Veneto lo conosce proprio bene, essendo suo papà di Cona e sua mamma di Cavarzere -. Tra i nostri sponsor allora si era presentata anche l’Austria, ma per l’adozione di San Marco fu preferito il Veneto che, ritirandosi, congelò ogni tipo di intervento. La chiesa da anni è bloccata sotto l’impalcatura. Oggi aspettiamo di vederla crollare a terra».

L’ultimo sopralluogo data luglio 2015 ed è a firma, tra gli altri, dell’ingegnere Claudio Modena, professore all’Università di Padova. Nella relazione si evidenzia l’aggravarsi dello stato dell’edificio, inoltre, le opere realizzate per evitare ulteriori cedimenti sembrerebbero ora del tutto inadeguate. Compromessa la stabilità della facciata con un pericolo immediato - si legge nel rapporto - per la pubblica incolumità.

In un palleggio di responsabilità tra enti pubblici e Curia, i soldi non si sono più trovati e la cifra lievita di giorno in giorno. «E pensare che pure il Kazakistan ha terminato i suoi lavori a San Giuseppe dei Minimi - dice don Daniele - Per non parlare della chiesa di Onna riconsegnata nuova agli aquilani dai tedeschi. E pure i francesi stanno restaurando le Anime Sante». Lui, della chiesa delle Anime Sante, era stato il parroco. Il 6 aprile 2009 venne liberato dalle macerie, pochi mesi dopo, battendosi anche lì per la ricostruzione, finì nel registro degli indagati sul sistema degli appalti. Tutto archiviato. «Fu un atto dovuto - spiega con amarezza - ero il legale rappresentante dell’edificio».

Quanto alla sottoscrizione lanciata da Galan, risulta che l’importo di oltre 66 mila euro venne consegnato dalla Protezione civile del Veneto tre anni dopo, nel 2012, per via della difficoltà di individuare chi avesse dovuto ricevere quel denaro. Fu dato poi al commissario per la ricostruzione, cioè il presidente della Regione Abruzzo.

Ma con don Pinton non si arrendono neppure gli altri veneti che all’Aquila sono voluti restare anche dopo il sisma. Come Alessandra Tacchin, architetto di 46 anni, di Padova. Insieme al marito e ad altri resilienti, ha costituito l’associazione Jemo ’nnanzi, gruppo di azione civica formato da amici «riuniti dopo il 6 aprile 2009, con lo scopo di porre in essere qualsiasi azione che vada a favore della città». Piccoli e grandi interventi di restauro, ma soprattutto collante di un’identità che rischia la disgregazione in un centro storico ormai disabitato. «Ci ha ascoltato anche papa Francesco - ricorda- che durante un’udienza generale ci ha dedicato un pensiero speciale, parlando abruzzese».
Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 08:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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