L’industria si appella a Renzi:
«Ultima chance contro il declino»

Venerdì 6 Giugno 2014 di Giancarlo Pagan
L’industria si appella a Renzi: «Ultima chance contro il declino»
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PADOVA - Il pendolo oscilla tra il pessimismo e l’orgoglio di un comparto ancora forte in Europa e nel mondo, che lotta per non arretrare, ma sente i morsi del declino. Una dialettica che Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria, sintetizza in due frasi: «Poche illusioni, stiamo strisciando sul fondo. Ma dateci un Paese normale e vi faremo vedere di cosa siamo capaci».



Massimo Pavin il leader di Confindustria Padova, 1.500 aziende associate, ieri ha aperto la stagione delle assemblee degli industriali veneti scattando una foto cupa sugli ultimi quattro anni dell’economia nazionale e nordestina, che coincidono per altro con il suo mandato. Parte da una disamina cruda. «Dal 2007 il Pil è diminuito del 9%, quattro punti percentuali sono stati persi solo negli ultimi tre anni».



Dal 2001 sono state cancellate 120 mila aziende e un milione e 200 mila posti di lavoro. Il reddito procapite è sceso ai livelli del 1996, i consumi al 1998, gli investimenti al 1994, ma il dato più drammatico è che la produzione industriale è tornata quella del 1986. Una fetta consistente dell’apparato produttivo del Paese ha fatto le valige o ha chiuso bottega. Il declino ha coinvolto anche il Nordest sbriciolando la retorica del "piccolo è bello": «In 13 anni - scandisce Pavin - il Pil veneto è tornato ai livelli del 2000. Solo Padova ha perso 900 industrie manufatturiere, 1.600 si se tiene conto anche delle imprese di costruzione, 9.000 sommando le azienda artigiane». Bisogna rivedere il modello, avverte Pavin. Alle aziende servono economie di scala, un perimetro globale, reti e associazioni. L’esempio lo stanno dando le stesse Confindustrie provinciali che unificano i servizi e mettono a fattor comune le risorse in settori chiave come l’internazionalizzazione e la formazione. Ma siamo alle battute iniziali.



Dire dunque che «stiamo strisciando sul fondo», come fa Squinzi, che ieri a Padova ha concluso i lavori dell’assemblea, è già dar prova di ottimismo. Indica che, almeno nelle prospettive, la discesa si è fermata. E il livello da cui ripartire è tutt’altro che marginale. «L'industria italiana - fa presente con orgoglio Pavin - è la seconda in Europa e quinta assoluta nel mondo per esportazione. Dal 2009, nel Veneto, l’export è cresciuto del 34%. Il 58% delle imprese padovane ha superato i livelli pre crisi, anche se il 25% ha gettato la spugna».



La materia prima per arrestare il declino, dunque, c’è. E’ per questo che l’apparato produttivo del Paese guarda con una speranza da ultima spiaggia al premier Renzi e alla nuova stagione di politica economica che auspica si apra in Europa dopo il voto. «Sulla scheda elettorale - dice Squinzi - c’è scritto: fate le riforme». L’endorsement degli industriali al premier Renzi e alla ventata di novità introdotta dal suo governo, per il presidente di Confindustria è a termine. La stessa riforma del lavoro «è un aperitivo» in attesa del piatto forte. Confindustria si aspetta una terapia d’urto anti declino, costruita sulla base di un assunto: quello che va bene per l’industria, va bene per il Paese. «Serve uno choc fiscale - insiste Pavin - un taglio aggressivo delle tasse sulle imprese e sul lavoro per rilanciare occupazione, consumi e investimenti».

Ma Confindustria sa che sarà impossibile, se non c’è accondiscendenza nella sponda europea. Per questo Squinzi elogia le ultime misure anti deflazionistiche prese dal presidente della Bce Mario Draghi: «Una grande prova di coraggio» e invita Renzi ribaltare l’agenda europea. «La politica del rigore deve essere alleggerita». La sopravvalutazione dell’euro danneggia le nostre imprese, ma - per Squinzi - il vero problema è il gap tra noi e i tedeschi nei costi per unità di prodotto, dovuto all'inefficienza del sistema Paese.



Riportare l’accendo sulla crescita significa - concordano Pavin e Squinzi - mettere al primo posto dell’agenda la politica industriale. «L’incidenza dell’apporto dell’industria sul Pil europeo deve ritornare al 20%». Pavin chiede un patto per l’industria convinto che le istituzioni nazionali e comunitarie debbano contrastare la delocalizzazione con tutti i mezzi. «Quando una grande impresa lascia un territorio, dopo poco muore l’indotto, ma poi chiudono anche i servizi. E’ un’illusione pensare che il terziario possa creare i posti di lavoro persi dalle aziende produttive». Pavin e Squinzi indicano quindi l’urgenza di voltare pagina, di cambiare anche nei comportamenti, a partire dalla legalità: «Nessuna tolleranza per pratiche illecite, chi sbaglia è fuori. I corrotti non devono trovare spazio in Confindustria»
Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 20:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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