I pm: operazioni per 50 milioni
di Galan nel Sud est asiatico

Lunedì 23 Giugno 2014
I magistrati Stefano Ancillotto e
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VENEZIA - A carico di Giancarlo Galan, finito nell'inchiesta della Procura veneziana sul Mose, emergono delle intercettazioni ambientali che gli attribuiscono fondi non ben precisati portati all'estero. Lo ha reso noto, davanti ai giudici del riesame, il pm Stefano Ancillotto che con i colleghi Paola Tonini e Stefano Buccini sta gestendo l'inchiesta.

Secondo quanto riferito da Ancillotto, le intercettazioni ambientali riguardano dialoghi tra il commercialista di Galan, Paolo Venuti - anch'egli indagato - e sua moglie.

Dal dialogo tra Venuti e la donna si capisce che il commercialista fungeva da prestanome per Galan e che proprio per conto del parlamentare di Forza Italia del denaro sarebbe stato portato all'estero e che, proprio mentre esplodeva l'inchiesta, Venuti avrebbe detto alla moglie che solo l'ex governatore del Veneto avrebbe potuto decidere il da farsi.

Nel corso del riesame il legale di Venuti, Emanuele Fragasso, ha minimizzato l'intercettazione ricordando che il commercialista era amico da sempre di Galan (quindi i fondi potrebbero essere antecedenti la vicenda Mose) e che tutta la contabilità della famiglia dell'ex governatore era in mano al commercialista. Fragasso ha anche sottolineato che nella vicenda Venuti-Galan «ci sono aspetti paradossali, perché quando il commercialista si occupa di un altro cliente, che non è Galan, viene perquisito proprio per delle carte che fanno riferimento a investimenti all'estero, documenti risultati in regola che però nell'inchiesta 'diventano' di Galan».



Nelle carte dell'inchiesta Mose si parla di «cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico» nell'ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del 'prestanome' Paolo Venuti, per le quali emergerebbe «la riconducibilità alla famiglia Galan».
Ultimo aggiornamento: 16:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA