VENEZIA - La mossa di Giancarlo Galan è astuta, calcolata, anche se non priva di qualche spericolatezza. Ammettere alcuni finanziamenti illeciti dei partiti risalenti a quasi dieci anni fa, episodi ormai prescritti, per respingere le accuse più gravi di corruzione legate alla realizzazione del Mose, alle elargizioni del Consorzio Venezia Nuova e ai project financing dell’Impresa Mantovani di Piergiorgio Baita. La novità è però clamorosa, anche se si caratterizza più come una strategia difensiva, che non come l’inizio della resa di fronte alle accuse. Perché Galan ammette di avere ricevuto denaro, per la campagna elettorale del 2005, da 7-8 imprenditori veneti. Ne fa il nome e indica le somme versate.