La Dalmazia e gli italiani, una storia
che continua soprattutto a Nordest

Lunedì 7 Dicembre 2015 di Sergio Frigo
La Dalmazia e gli italiani, una storia che continua soprattutto a Nordest
2
Istria e Dalmazia sono fra le nostre mete turistiche preferite, ma al di là di vaghe reminiscenze sulle foibe e l'esodo degli italiani a cavallo della Seconda Guerra mondiale, ben poco sappiamo delle vicende storiche e politiche e della presenza italiana in quelle terre. Ora Venezia sta riscoprendo, grazie alla mostra al Correr, il genio ribelle del Manierismo Andrea Meldola, nato a Zara a inizio '500 e identificato come tutti i suoi compatrioti col termine Schiavone.

Qualcuno si ricorderà delle origini dalmate di Nicolò Tommaseo, altri di Ottavio Missoni, ma in generale le nostre conoscenze si fermano a una presa d'atto "turistica" dei tanti reperti veneziani identificabili nelle zone costiere.

A colmare la lacuna e a ricostruire una storia complessa, affascinante e naturalmente a volte anche terribile, arriva ora un poderoso saggio (quasi 750 pagine, compreso un inserto fotografico) dello storico delle relazioni internazionali Luciano Monzali, che riscrive la storia de "Gli italiani di Dalmazia", portando a coronamento sue precedenti ricerche. Naturalmente sono soprattutto Venezia, e successivamente Trieste, a costituire il polo di riferimento di questa presenza nazionale oltre mare. Nelle pagine di Monzali scorrono gli anni dei primi insediamenti veneziani sulle spoglie dell'impero bizantino, in territori peraltro già romanizzati: fu una lunga egemonia economico-culturale, solo a tratti corroborata però da un vero e proprio dominio politico, via via contrastato dagli ungheresi, dagli ottomani, ma anche dalle resistenze dei potentati locali, in particolare la città di Ragusa. L'elemento "veneziano" e quello "slavo" convissero a lungo dislocandosi soprattutto tra città e isole, il primo, e campagne e interno, il secondo, fino a che la decadenza di Venezia (speculare a quella della sua rivale dalmata) non aprì la strada all'espansione dell'Austria, di cui il trattato di Campoformido del 1797 sancì il ruolo di potenza egemone dell'Adriatico: ma i confini definiti dai veneziani nel '600 sono ancor oggi quelli meridionali fra Croazia e Bosnia-Erzegovina.
Le successive vicende otto e novecentesche registrarono l'effermarsi dei nazionalismi, l'irredentismo italiano, la fascistizzazione della Dalmazia dopo la Grande Guerra, la crisi della monarchia jugoslava e l'avvento del potere comunista, con una crescita del conflitto fra le diverse componenti e l'esodo forzato di migliaia di italiani. Il libro segue, assieme agli sviluppi delle relazioni italo-jugoslave pre e post disintegrazione dello stato, anche le vicende degli esuli giuliano-dalmati sul territorio nazionale, e dei connazionali rimasti sul lato orientale dell'Adriatico. Certo, sopravvivono tra le due parti, osserva l'autore, gli stereotipi derivanti dalle contrapposizioni del passato, che si manifestano in Croazia nella negazione del contributo latino e italiano alla costruzione dell'identità nazionale; ma negli ultimi anni la minoranza italiana ha dato imprevedibili segni di ripresa, trovando nella prospettiva europea nuovo alimento per tenere vivi i rapporti con l'Italia.

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci