Banca veneta: primi sì a Zaia
Peghin: «Pronto per una cordata»

Lunedì 28 Settembre 2015 di Maurizio Crema
Banca veneta: primi sì a Zaia Peghin: «Pronto per una cordata»
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Banco, salvale tu. Gli imprenditori veneti sono pronti a partecipare a una cordata per "salvare" Popolare Vicenza e Veneto Banca, ma è da Verona, sponda Banco Popolare, che deve arrivare il traino all’operazione Banca del Nordest chiesta a gran voce dal presidente del Veneto Luca Zaia.

Il governatore chiede una svolta netta, preoccupato dai piccoli risparmiatori che rischiano di vedersi bruciati i loro risparmi e vede la Borsa come l’unica vetrina di trasparenza per superare i prezzi opachi degli anni scorsi. Una proposta che viene raccolta da due industriali di Padova, Massimo Pavin e Francesco Peghin, ex presidenti della Confindustria della città che ha visto per prima ammainare la bandiera della cooperativa bancaria quando l’Antonveneta si trasformò in spa nel 2002. Poi la scomparsa del grande timoniere dell’istituto Silvano Pontello fece crollare il patto di controllo e l’istituto finì prima agli olandesi di Abn Amro e, a fine 2007 al Mps per 9 miliardi. «Oggi c’è proprio bisogno di una grande Popolare, è l’ultimo treno per il Nordest per creare una banca ancora legata col territorio.



Sarebbe anche una buona occasione per dimostrare che noi veneti riusciamo a fare squadra imparando dagli sbagli del passato - avverte Francesco Peghin, 51 anni, ex presidente di Confindustria Padova e attuale guida di Fondazione Nordest, imprenditore da circa 70 milioni di fatturato e 350 addetti -. Da padovano posso dire questo con ancora più forza: una volta la mia città era una piazza finanziaria, con la vendita dell’Antonveneta e il passaggio della Cassa di risparmio sotto Intesa Sanpaolo i centri direzionali si sono spostati altrove e ci siamo impoveriti in conoscenza, innovazione. È successo anche in altri settori. Se non si costruisce uno zoccolo duro, rischiamo di perdere anche le due Popolari. Servono grandi capitali, ma è un’operazione che va tentata, ha ragione Zaia: non possiamo perdere un grande istituto finanziario. Io sono pronto a fare la mia parte, non da apripista, sono solo un piccolo azionista del Banco. L’importante è che non si coinvolgano i soliti salotti buoni, ma che ci sia una platea più ampia, che sia una vera cordata popolare».



«Il direttore Giuseppe Menzi e il responsabile attuale Massimo Fontanelli in questi ultimi anni hanno saputo lavorare bene, l’Antonveneta è tornata a essere una banca legata al territorio - spiega Massimo Pavin, 50 anni, fino a pochi mesi fa presidente di Confindustria Padova, imprenditore che guida un gruppo da 200 milioni di fatturato consolidato previsto a fine 2015, circa 250 addetti - è vero però che in questi anni di blocco del credito solo le Popolari del nostro territorio hanno sostenuto le Pmi e hanno sopportato situazioni di sofferenza, altri avevano tirato i remi in barca. Per questo serve un istituto legato al territorio, alle sue imprese, alla sua storia. E che abbia le dimensioni per competere. La preoccupazione di noi imprenditori fino a poco tempo fa era che una fusione tra Veneta e Vicenza potesse dimezzare i fidi: oggi invece è l’unica soluzione. Ma prima bisogna mettere a posto i conti».



Il governatore Zaia chiede a voi imprenditori di mobilitarvi. «Io alle cordate di imprenditori ho sempre creduto poco. Per una banca, passando al Padova Calcio o a Veneto Nanotech - avverte Pavin -. Piuttosto vedo bene il Banco Popolare come apripista: è più facile che possa tenere insieme i soggetti una banca già Popolare, è forte, è passata indenne dalla crisi - spiega Massimo Pavin -. L’idea di un driver che possa avere lo stesso Dna sarebbe positiva, e uscirebbe dalla logica della banca di provincia». Senza farsi troppe illusioni. «Quando uno ti offre 4-5 volte il valore ovvio che vendi, per questo non vedrei più di tanto la necessità di una cordata del territorio - osserva Pavin - certo aiuta, ma poi è la banca che deve lavorare nel territorio. E anche noi imprenditori dobbiamo cambiare: dobbiamo finire di pensare che il debito di un’azienda sia solo quello bancario, ci sono altri strumenti, la Borsa, i minibond, Veneto Sviluppo». Proprio le sponde che dovrebbero salvare le due Popolari. Gira e rigira, per banche e imprese, si torna sempre lì: il Nordest deve cambiare. E può farlo se si mantiene ancora Popolare.
Ultimo aggiornamento: 10:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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