«Spari e morti, ho visto l'inferno
dalla finestra dell'hotel di Parigi»

Sabato 21 Novembre 2015 di Marco Agrusti
«Spari e morti, ho visto l'inferno dalla finestra dell'hotel di Parigi»
PORDENONE - Passage Saint-Sébastien, undicesimo arrondissement di Parigi tra Place de la Bastille e Place de la Republique, luoghi simbolo della Rivoluzione che ha fatto del mondo occidentale quello che è oggi. Luoghi riempiti di sangue, odore di polvere da sparo, urla strazianti e indelebili strisce d'odio. Meno di un chilometro da «Le Bataclan», la sala concerti della mattanza firmata Isis. Si trovava lì, a casa di un conoscente, Concetta B., 52enne di Borgomeduna. Un weekend a Parigi, il primo della sua vita, svoltato in pochi attimi, travolto da spari, grida disperate, terrore sulla pelle.



«Dalla finestra del terzo piano abbiamo iniziato a vedere persone zoppicare - racconta - c'era chi cadeva a terra e chiedeva aiuto, chi sanguinava ancora. Ci chiedevamo da dove venissero. Poco prima avevamo sentito rumore di spari. Era l'inconfondibile suono di colpi sparati da fucili, ci arrivava attutito ma lo avevamo sentito». Sono i minuti in cui il terrore islamista squarcia Parigi, e la donna pordenonese (ha i genitori anziani e non vuole farli preoccupare) ci si trova quasi al cuore. «Le persone, non dimenticherò mai le persone. Giovani, tanti giovani, che scappavano urlando. Un ragazzo reggeva sulle spalle una ragazza, ferita, correvano a cercare soccorsi. Ci siamo barricati in casa, la televisione intanto spiegava i primi dettagli di ciò che stava accadendo. Le urla all'esterno aumentavano, sempre più gente cercava riparo. Sul marciapiede è rimasta una scia di sangue».



Sono circa 100, i pordenonesi che si trovavano a Parigi nella serata più triste della capitale francese. Ma la testimonianza di Concetta è tra le più vive. Si è trovata al centro del mondo per almeno due ore, di un mondo che l'ha segnata per sempre: «Non lo dimenticherò mai, credevo sarebbero saliti anche da noi, in casa. Voglio tornare al più presto in Italia». Ma la paura ha sconfinato, ha scavalcato le mura invisibili dell'undicesimo arrondissement e contaminato tutta la capitale: «Ero lontana dagli attentati - spiega la pordenonese Dida Marconato, anche lei a Parigi nel weekend - ma le sirene erano ovunque. Sentivamo gli elicotteri, ci siamo barricati. Poi ci è stato detto di tenere la porta aperta per far entrare chi eventualmente si fosse perso o non fosse riuscito a tornare a casa. Ieri, il giorno dopo la strage, Parigi era blindata, spettrale, proibita. Non c'era più nessuno in giro».



Nella capitale anche Gabriella Rapini, assessore a San Quirino: «Tanta paura, ieri siamo entrati al Louvre, poi ci hanno fatto uscire subito. Il terrore si sente nell'aria». E sempre a Parigi si trovava anche la moglie di Alberto Parigi.



Nel frattempo, in provincia, in molti edifici pubblici le bandiere sono scese a mezz'asta, e il municipio di Pordenone è stato illuminato ieri sera con i colori della bandiera francese. Lo ha voluto il sindaco Claudio Pedrotti.
Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 11:04

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