Andrea e Michaela, giro del mondo
zaino in spalla: due anni a viaggiare

Domenica 7 Settembre 2014 di Piergiorgio Grizzo
Andrea e Michaela in Perù
PORDENONE - Ci vuole coraggio per affrontare il giro del mondo zaino in spalla. Non un viaggio standard, lungo le rotte canoniche delle transumanze turistiche, tra voli già prenotati, escursioni guidate e atmosfere rilassanti e asettiche da villaggio turistico. Per Andrea Silvestrin e Michaela Ferrazzi - coniugi maniaghesi che abitano a Cordignano (Tv) - un giro del mondo su misura, che tocchi alcuni degli angoli più affascinanti del pianeta, paradisi misconosciuti ancorché appartenenti a Paesi noti e frequentati. Un viaggio che lasci anche spazio all'improvvisazione e ai cambiamenti in corsa, di itinerario e di tabella di marcia, che consenta di concedersi i giusti tempi per conoscere, per approfondire e per entrare in sintonia con un luogo e la sua gente. In poche parole non un viaggio per «turisti», ma per «viaggiatori».



Un viaggio così non si improvvisa ...

«Lo sognavamo da tempo - spiegano in coro - ci abbiamo messo un anno a prepararlo, tra visti, permessi, vaccinazioni (una decina di vaccini a testa tra tifo, febbre gialla, encefalite giapponese e altre magagne esotiche ndr) e varia burocrazia. Ci costerà un pò, i risparmi degli ultimi due anni, ma siamo convinti che sarà un'esperienza di cui ci ricorderemo per sempre e che sicuramente ci migliorerà come persone».



Partiamo dalla pianificazione del viaggio.

«Abbiamo studiato con cura le varie tappe. In alcuni Paesi eravamo già stati, ma ci interessava conoscere a fondo certi luoghi. Come Cuzco, l'antica capitale inca del Perù, un gioiello di barocco spagnolo e architettura indigena. Ma anche il Ladakh, la regione montagnosa a nord dell'India (il Piccolo Tibet ndr) e le giungle della Malesia e dell'Indonesia».



Dove vi trovate ora e dove siete diretti?

«Siamo a Cartagena de Indias, sulla costa caraibica della Colombia, un altro capolavoro di architettura coloniale. Qui ci rilasseremo un pò. Poi contavamo di andare in Venezuela, ma siamo stati sconsigliati: troppo delicata ed instabile l'attuale situazione politica. Quindi voleremo a Panama e poi in Brasile, ultima tappa del nostro viaggio, ma se tempo e fondi lo permetteranno a dicembre, che è il momento dell'anno più favorevole, ci piacerebbe visitare la parte cilena della Patagonia».

Non sono mancati i trekking avventurosi...

«No di certo. In Perù abbiamo affrontato il Santa Cruz Trek, una fantastica camminata di 56 chilometri della durata di 4 giorni, sempre attorniati dai giganti della Cordillera Blanca come l'Alpamayo e l'Huascaran. Siamo arrivati fino a quota 4.750 Le bellissime ascese ai vulcani Bromo ed Ijen in Indonesia e al Cotopaxi (quota 4.860) in Ecuador. In Indonesia poi ci siamo addentrati nella giungla, arrivando al villaggio indigeno di Wae Rebo, di case - capanne in bambù ricoperto di paglia, dove gli abitanti vivono ancora come mille anni fa».



Quali Paesi avete toccato finora?

«Il viaggio è iniziato a Nuova Delhi, da lì ci siamo spostati subito nel Ladakh. Abbiamo visitato l'India da nord a sud, quindi ci siamo trasferiti in Thailandia, Laos, Vietnam, Cambogia, ancora in Thailandia per visitare le isole, Malesia, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda, Perù, Ecuador ed ora Colombia».



Il momento più emozionante?

«Sono stati tantissimi. In Cambogia ci ha segnato in modo particolare la visita alla fondazione "Pour un sourir d'Enfant" che offre formazione scolastica ed un futuro ai bambini «raccoglitori» nelle discariche di immondizia. Il più toccante è stato forse il nostro arrivederci alla New Zeland Sports Academy di Rotorua fondata e diretta da Jim Love (dove Andrea ha seguito un internship di 4 settimane come allenatore ndr): un'haka, ossia una danza rituale maori, di commiato eseguita con grande trasporto da tutti gli allievi" ed il finale saluto tradizionale naso - naso».



L'accoglienza migliore?

«Ci siamo trovati bene più o meno ovunque. In ogni Paese abbiamo instaurato delle autentiche amicizie. In Vietnam, un Paese di un'ospitalità vera e disinteressata, ci fa piacere ricordare Doan, una giovane e bravissima addetta alla reception di un hotel di Hanoi che si è presa amorevolmente cura di Michaela durante due giorni terribili, in cui è stata afflitta da chissà quale tipo di virus e che infine ci ha invitato per una cena a casa sua regalandoci una splendida serata in famiglia. In India, invece, durante una visita ad un sito archeologico, abbiamo conosciuto una coppia di coniugi dell'Ecuador che essendo innamorati dell'Italia, hanno voluto a tutti i costi ospitarci a casa loro, a Quito. L'uomo, una persona umile e cordiale, ci raccontava di essere stato più volte nel nostro Paese per acquistare macchinari per la produzione di gelato. Abbiamo scoperto poi che si trattava del terzo produttore di gelato dell'America Latina».



Non avete mai avuto nostalgia di casa?

«Certo, ma oggi la tecnologia è molto di aiuto in questo senso. Ci sentiamo e vediamo spesso con i nostri genitori via Skype e siamo in contatto con gli amici ed il resto del mondo via internet e posta elettronica. Entro gennaio comunque saremo di nuovo a casa».
Ultimo aggiornamento: 21:39

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