Mollano tutto e vanno a fare il giro
del mondo in barca a vela

Domenica 24 Agosto 2014 di Clelia Delponte
Alessandra Mazzadi e Mario Trevisan
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Sono due percorsi di vita diversi quelli che hanno fatto Alessandra Mazzadi e Mario Trevisan. Dopo una conoscenza superficiale da ragazzi, si sono ritrovati adulti, con un matrimonio alle spalle, hanno deciso di mollare tutto e partire per un viaggio in barca a vela che dura tuttora. La barca è diventata la loro casa. Mario Trevisan è abituato a girare il mondo, quando il padre ingegnere lavorava in Arabia e Nigeria, lo ha seguito frequentando la scuola all’estero. Parla portoghese, francese e inglese.

Com'è la vostra barca?

«È uno sloop cutter, barca a vela con 2 vele a prua, di 16 metri e 50: una barca oceanica molto robusta adatta a tutti i mari. Per essere indipendenti energeticamente abbiamo installato pannelli solari, un sistema eolico e un sistema per produrre acqua desalinizzata. Poi abbiamo il vento come forza motrice: siamo indipendenti. Mario - spiega Alessandra - l'ha acquista nel 1999 e ogni anno cercava di organizzarsi con il lavoro per poter navigare almeno 2/3 mesi l'anno. In tutto il Mediterraneo non se ne vedono di barche simili. Precedentemente, assieme a due amici aveva acquistato una Flying Duchtman, barca molto tecnica, che gli ha permesso di imparare moltissimo».

Mario, la permanenza per lavoro in Madagascar ha portato esperienze utili?

«Abitavo in un villaggio di pescatori che usavano delle piroghe a vela. Io mi sono costruito un trimarano da solo e andavo a pescare con loro».

È sufficiente la patente nautica per intraprendere un'avventura come la vostra?

«Quello è il primo passo, ma fondamentale è capire la meteorologia, saper interpretare i segnali del cielo e del mare. In barca bisogna conoscere tutto e saper fare di tutto».

La barca ha avuto un ruolo fondamentale.

«Sì. Mi è sempre piaciuto usare le mani per lavorare, per cui aiutavo mio padre nella segherie di marmo, ma facevo anche il maestro di sci, seguivo l'azienda di prodotti dentali che avevo creato dal nulla e quella di trasporto di rifiuti specialità in una giornata, date le mie diverse attività e i miei ruoli arrivavo anche a cambiarmi 3/4 volte al giorno. Dalla tuta da scalpellino alla giacca e cravatta. Correvo, correvo, non mi fermavo mai e cominciavo ad avere problemi di salute. La barca mi ha salvato perché mi dava la possibilità di fermarmi. Gradualmente ho delegato diverse mansioni ai dipendenti e ho ceduto alcune attività».

Come è nata l'idea di vivere in barca a vela girando il mondo?

«È stato quasi naturale. Dopo tanti viaggi relativamente brevi abbiamo pensato: sarebbe bello non tornare! Quindi abbiamo cominciato a pensarci seriamente e a prepararci. Nel 2010 Alessandra ha chiesto l'aspettativa e nel 2011 abbiamo fatto un primo viaggio di prova di sei mesi veleggiando verso Grecia e Turchia. A maggio 2012 è partita la lettera di dimissioni definitiva e a giugno siamo partiti da Monfalcone: prima abbiamo viaggiato nel Mediterraneo. L'eccitazione più grande è stata la traversata oceanica da Gibilterra alla Martinica. Bisogna prepararsi e studiare tutto nei minimi particolari, attendere le condizioni favorevoli e poi non fermarsi mai!».

Come fate a vivere?

«Abbiamo la liquidazione e due affitti. In due spendiamo dai 600 agli 800 euro al mese. La barca costa circa mille euro al mese per manutenzione e pezzi di ricambio».

E i vostri familiari?

«Ogni tot mesi torniamo a casa o vengono a trovarci. Le nostre due anziane mamme (80 e 81 anni), sono venute assieme a trovarci. Per loro è stata un'esperienza splendida».

Il viaggio è occasione di incontri particolari?

«Nascono belle amicizie e una straordinaria solidarietà tra persone di tutto il mondo che hanno scelto questo stile di vita. Abbiamo incontrato tedeschi, spagnoli, francesi, inglesi, sudafricani, olandesi, anche famiglie con bambini che studiano da soli. Italiani mai. Ci si aiuta a vicenda nel risolvere problemi tecnici. Si sviluppa una grande socialità e si scambiano consigli ed esperienze. A Capoverde, dove ci siamo fermati un mese, abbiamo fatto amicizia con una famiglia locale e abbiamo passato il Natale a casa loro. Si creano rapporti davvero speciali».

Apparentemente la vostra è una lunghissima vacanza, ma in barca c'è sempre molto da fare?

«La cosa più positiva è l'aver migliorato la qualità di vita, sana e sempre in movimento. Ci basta pochissimo: un costume, una maglietta, un paio di pantaloncini. Ci siamo liberati del superfluo. Per comunicare utilizziamo computer e telefono satellitare. Poi abbiamo l'epirb, un trasmettitore di localizzazione d'emergenza, la nostra assicurazione sulla vita. Comunque non ci si annoia mai, perché la vita in mare è sempre diversa e varia».

Avete mai dovuto gestire momenti di criticità?

«Alle Canarie ci si è spento il motore mentre uscivamo da una baia, con il rischio di finire sugli scogli e ai Caraibi ci si è spento in una zona di coralli. Mario - spiega Alessandra - ha dovuto riparare il motore in mare aperto. Ci vuole grande esperienza, mai farsi prendere dal panico e cercare di capire il problema. Un'altra volta la grossa gomena di una nave si era impigliata sotto la chiglia, ma siamo riusciti a liberarci».

Non è difficile pensare che la vostra dieta sia a base di pesce.

«Sì, ma quando attracchiamo in qualche isola scendiamo e troviamo di tutto: frutta, verdura. Ad ogni isola si cambia cibo. Pane e pizza li facciamo noi».

Quanto ci vuole per il giro del mondo in barca a vela?

«Sei anni».

L'emozione più grande?

«Il salto di una balena, uno spettacolo incredibile.»

Voi dove state andando?

«Dove ci porta il vento».



CHI SONO - Mario Trevisan, 53 anni di Aviano, artigiano, imprenditore, maestro di sci. Alessandra Mazzadi, 50, originaria di San Donà di Piave, per oltre 20 anni impiegata a Pordenone Fiere. Chi li ha visti? Entrambi un matrimonio alle spalle, da oltre due anni hanno mollato gli ormeggi e veleggiano attorno il mondo. Se Alessandra Mazzadi ha poche avventure da raccontare della sua vita precedente, seduta diligentemente alla scrivania negli uffici di viale Treviso, Mario Trevisan è un uomo che sa fare tutto. Diploma Isef in tasca (attivo con lo Sci Club Aviano, con lunga attività agonistica cominciata giovanissimo, poi maestro di sci) qualche anno di architettura, ha preso in mano l'industria di marmi del padre, ma ha lavorato spesso all'estero. In Madagascar ha trascorso quasi 7 anni impegnato nella ristrutturazione di alberghi come carpentiere. Come imprenditore ha operato nel settore dei rifiuti tossici ospedalieri e nell'importazione e commercio di prodotti dentali.
Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 16:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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