Floriana, cervello in fuga: prima
le biblioteche ora fa la 007 per Fb

Domenica 5 Aprile 2015 di Alessandra Betto
Floriana Pelagi
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PORDENONE - «Il lavoro è un diritto, non un privilegio. Meglio non accanirsi: non lontano dall'Italia vi aspetta il vostro futuro». È il consiglio che Floriana Pelagi lancia ai giovani alla ricerca di un posto di lavoro. Lei ha scelto l'Irlanda, Paese ricco di tradizioni e di stampo rurale, ma popolato da diverse aziende high-tech, dove spicca una comunità pordenonese sempre più popolosa.

Cosa l'ha spinta 5 anni fa a lasciare Pordenone?

«Un grande desiderio di avventura. Avendo studiato traduzione e interpretariato, ho sempre provato un forte fascino per i luoghi lontani e ho sempre desiderato conoscere nuove abitudini e persone un po’ nomadi come me».



Quando viveva qui di che cosa si occupava?

«Durante l'ultimo anno di Università, in un turbine di tesi ed eventi librari, avevo lavorato come bibliotecaria a Roveredo. Successivamente sono stata assunta da una casa editrice cittadina dove curavo il settore commerciale».



Come si diventa un cervello in fuga?

«Nel 2010 ho colto l'opportunità offerta dall'Università Ca’ Foscari: trasferirmi a Melbourne per lavorare come assistente linguistica in una scuola tutta al femminile. Sebbene con Erasmus e altri progetti simili avessi già vissuto brevi periodi all'estero, quella australiana mi è parsa subito un'esperienza unica. Vi ho sperimentato paesaggi infiniti, distanze enormi e influenze culturali del tutto diverse dal composito mondo europeo a cui ero abituata. È stata la svolta».



Dopo l'Australia, l'Irlanda: quali difficoltà ha riscontrato nel nuovo inserimento?

«Non è stato un salto nel vuoto. Conoscevo l’Irlanda perché ci avevo trascorso un periodo nel 2008 con l'Erasmus, quando era nel pieno boom economico della "Tigre celtica". Al mio ritorno, nel 2011, ho trovato una realtà diversa, seppur ancora dinamica e attraversata da continui flussi migratori. Dopo un'esperienza come traduttrice in una ditta produttrice di videogiochi, sono entrata con lo stesso incarico in Microsoft».



Quali sono i vantaggi dell'operare in una delle principali tech-company del mondo?

«Oltre alla dimensione cosmopolita e allo spessore delle persone con cui ho avuto la fortuna di collaborare in YouTube (società di Google, ndr), la mia seconda tappa irlandese, i dipendenti godono di vantaggi non indifferenti, tra cui colazione, pranzo e cena preparati da chef, sale massaggi in ufficio, palestra e viaggi lavorativi in varie sedi del mondo».



Di che cosa si occupa ora in Facebook?

«Coopero con le forze dell'ordine per promuovere la sicurezza, sia sulla piattaforma che offline, per evitare e punire ogni forma di abuso e crimine. È un impegno a volte stressante che richiede grande attenzione, in quanto comporta un impatto concreto nella prevenzione del crimine, fenomeno in continuo divenire».



Che cosa l'ha colpita di più in Facebook?

«Ci si relaziona con persone provenienti da ogni parte del mondo. Nel mio team è una babele di lingue e bandiere, il che è ottimo per progettare vacanze e ottenere consigli. Il caso ha voluto che in azienda trovassi un nutrito gruppo di friulani, tanto che ho fatto amicizia con persone di Azzano e Prata, che forse non avrei mai avuto modo di incontrare in Italia. I rapporti a Dublino sono più informali e aperti: essendo tutti immigrati recenti, nessuno ha le tipiche reti di conoscenze che si sviluppano normalmente al liceo o all'Università».



Com’è vivere a Dublino?

«La città è una realtà raccolta, dove la scena musicale e artistica è ricca di festival cinematografici e artistici in scena ogni giorno. I pub abbondano e rappresentano il fulcro di ogni attività sociale: spesso ospitano persino opere teatrali. Il mio fidanzato Ruadhan - che di giorno lavora nell'Amministrazione pubblica - la sera suona nei No Spill Blood, gruppo musicale di rilievo nella scena indipendente irlandese. In cinque anni ho provato un po’ di tutto: dallo swing al tango, compreso lo yoga sopraelevato e le camminate al faro dal piccolo villaggio di pescatori di Howth».



Rimpiange qualcosa dell'Italia?

«La dimensione sfaccettata della nostra provincia e della nostra regione, i piccoli paesini che offrono una varietà sconfinata di monumenti, piatti caratteristici e feste tipiche. In Irlanda prevale la campagna e vere e proprie città, come le intendiamo noi, sono rare e di una bellezza più modesta. Il nostro Paese è ancora troppo ingessato. I giovani sprecano i loro anni migliori a battagliare per un posto. Noto poco slancio, tanto abbattimento e scarsa speranza di un cambiamento concreto che dia loro maggiori opportunità per divenire indipendenti e avere una crescita professionale e personale. Restare tanto per restare non ha senso».



Quanto ha inciso la lontananza dalla famiglia?

«Non poco, ma avevo le idee molto chiare. Nei miei viaggi e nelle mie esperienze più disparate i miei genitori sono sempre stati di grande sostegno. Con mamma Giovanna e papà Luigi, assieme a mio fratello Pierpaolo, abbiamo dato vita a lunghi cicli di chiamate via Skype e messaggi senza fine, in forza dei quali non mi sono mai sentita sconnessa dal contesto italiano, né dalla dimensione locale. La mia famiglia è sempre stata consapevole del fatto che in Italia non avrei mai ottenuto una posizione lavorativa simile a quella che ricopro ora. Con un bel gruppo affiatato di amici internazionali è facile ricrearsi una famiglia allargata. Lontano da vincoli familiari, le persone sono molto più attive e dinamiche, con tanta voglia di fare e conoscere».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 13:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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