Flavio, il bomber che non si ferma
ha infilzato i portieri per 408 volte

Domenica 14 Dicembre 2014 di Marco Agrusti
TIFOSO - Flavio Gomiero con i colori della squadra del cuore
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AZZANO DECIMO - Asciutto, in una forma quasi imbarazzante, il quarantunenne Flavio Gomiero gioca a calcio assieme a dei ragazzini che potrebbero benissimo essere figli suoi. Ha raggiunto i 408 gol in carriera. E che ha fatto tutto questo in silenzio, senza clamore, scegliendo la vita normale del padre e del marito, dell'amico e del compagno. Gli allenamenti serali, il lavoro da impiegato di giorno, quel mix tra chi si è accontentato e chi ha scelto, scientemente, che andava bene così, che il calcio è importante, sì, ma che altre cose lo sono di più.



Dici Flavio Gomiero - da cinque stagioni attaccante del Vallenoncello (Pordenone) in Prima Categoria - e ti fai capire da almeno tre generazioni di calciatori. Quelli che hanno smesso da vent'anni, quelli che da poco hanno le scarpe al chiodo e quelli che ci corrono vicino. Tutti, almeno una volta, l'hanno sentito nominare o letto su un titolo.



Ma come fa, ancora, a quell'età? E la risposta, la prima di tante, spiazza come uno dei suoi 408 gol. Sacrifici, alimentazione controllata, sessioni in palestra. Quanti limiti si è imposto, per rendere ancora a 41 anni?

«La verità? Nessuno di quelli che ha detto. Non faccio niente di particolare. Mi alleno due volte la settimana, non ho mai fatto palestra e ho un'alimentazione del tutto normale. Anzi, mi concedo tutto e sono anche una buona forchetta. Mia madre, ottima cuoca, mi ha viziato. L'unica cosa, l'orario di rientro a casa. L'età si sente, non posso più fare le tre del mattino. Al massimo l'una, una e mezza. A dire il vero, però, un'attività fisica che sia al di fuori del calcio la faccio. Gioco alla Nintendo Wii con le mie figlie».



Sta dicendo che tutto questo le riesce senza sforzi?

«Dico di non aver mai seguito una regola di base, un programma. Il mio probabilmente è un dono, un fatto di costituzione fisica. Poi non ho mai subìto gravi infortuni e questo credo sia il fatto più importante. Addirittura oggi, grazie a un accordo con la società, posso svolgere due allenamenti (su tre) a settimana, a causa del lavoro in ufficio».



Allora il segreto deve per forza celarsi da qualche altra parte...

«Per stare così tanto sul terreno di gioco bisogna avere una persona accanto. Io ce l'ho. Mi ha conosciuto quando ero giovane e forse, anzi sicuramente, non immaginava che io continuassi fino a questa età. Ha capito la mia passione, mi è stata vicina e da tanto tempo è disposta a sacrificare le sue domeniche (e quelle delle mie bimbe) perché io sono impegnato. Solo adesso inizia a storcere un po’ il naso».



Il suo è un dono. Ma è imitabile? Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole praticare sport agonistico fino alla sua età?

«Gli direi, anzi lo dico spesso, che le cose bisogna cercarsele. Mai spegnere la passione e cercare il supporto della famiglia. E poi pregare di avere un po’ di fortuna».



La sensazione, però, è che adesso stia crescendo una generazione diversa, forse meno avvezza alla passione duratura...

«Sono cambiati i giovani, è cambiata la società. Noi non avevamo i social network, noi ci parlavamo di più, avevamo più voglia di stare insieme. Adesso c'è più distacco tra giovani e vecchi. Quando ero giovane io, gli "anziani" mi portavano a fare festa. Oggi non è sempre così».



Quando era giovane lei potevano anche spalancarsi le porte per giocare in qualche categoria superiore. Invece cos'è successo?

«Vinsi l'Eccellenza con il Tamai, ma non potevo permettermi di giocare la serie D. A quel tempo avevo cambiato lavoro ed era incompatibile con la frequenza degli allenamenti».



Allora c'è una gerarchia, nella vita di Gomiero. Il lavoro è sempre stato in vetta?

«Sì ed è stata una necessità fin da subito. Oggi mi permette di fare quello che amo, di allenarmi almeno due volte la settimana. Ma la priorità va alla mia famiglia e il calcio non mi dà da vivere. Ho lavorato da quando ho finito le scuole superiori e nel frattempo ho mantenuto viva la mia passione, ma senza pensare al professionismo e al calcio di un altro livello. È andata bene così».



Maurizio Zilli, decano del calcio provinciale, gioca ancora a più di 50 anni. Vuole imitarlo o nell'immediato futuro vedremo un nuovo Gomiero?

«No, ora basta. Questo sarà il mio ultimo anno al Vallenoncello, dopodiché smetterò e penserò ad altro. Ma il calcio no, non lo lascerò di certo. Sto valutando la possibilità di intraprendere la carriera di allenatore. Molto probabilmente farò il corso per diventare allenatore e trasferirmi dal campo alla panchina».



Portando sempre nel cuore il ricordo di quel "400" stampato sulla maglia...

«Non mi sarei mai aspettato tutti questi gol, sono sincero. All'inizio giocavo addirittura da regista, non tiravo molto. Poi una volta ho segnato una doppietta e non mi sono più spostato dall'attacco. Farne 400 è stata una cosa bellissima, ma mi è costata cara. Ho dovuto pagare agli altri una cena. Adesso aspetto il gol numero 410 e credo che anche quello mi costerà caro».
Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 17:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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