PORDENONE - Un’auto - pare fossi una Audi - che si allontana velocemente dal parcheggio del palasport all’ora del delitto, con due persone a bordo. È una delle testimonianze che i carabinieri che indagano sull’uccisione di Trifone Ragone e Teresa Costanza stanno prendendo in considerazione. Ma gli investigatori sono molto cauti. Un altro ha parlato di un'auto in movimento subito dopo. È il compagno di allenamento di Ragone, un giovane pordenonese: «Credevo volesse posteggiare, ho fatto velocemente retromarcia per lasciare il posto».
Giustiziati, come se nel loro passato ci fosse uno sgarro da vendicare. L’autopsia conferma che Trifone, 28 anni, militare dell’Esercito e Teresa, 30, assicuratrice, sono stati freddati. I colpi sparati a bruciapelo e sono sei. I carabinieri del Ris, infatti, hanno trovato un sesto bossolo all’interno dell'auto. Significa che il killer ha fatto fuoco tre volte, in rapida successione, contro il carrista originario di Monopoli e poi ha rivolto per tre volte l’arma contro la fidanzata siciliana, trapiantata in Lombardia dopo che uno zio rimase vittima della "lupara bianca" a Favara (Agrigento).
È stato spietato e determinato, tanto da ricordare la malavita dell’Est. Ha usato un’arma precisa, maneggevole e, soprattutto silenziosa, non a caso due testimoni confondono gli spari con il rumore di «miccette» o «petardi». Quello dei colpi sparati a bruciapelo è un aspetto che dà ulteriore valore all’ipotesi dell’esecuzione e apre scenari sempre più inquietanti. Se la semiautomatica 7,65 è una delle armi più diffuse e pertanto i profili dell’assassino potrebbero essere svariati, l’esecuzione porta a prendere in considerazione ambienti ben definiti e un movente molto forte. Che il killer debba vendicare uno sgarro rivela in ogni caso un’indole spietata, che fa pensare alle bande dell’Est.