La lettera di suor Bernardetta:
«La Provvidenza mi ha fatto
incontrare l'Africa»

Lunedì 8 Settembre 2014
La lettera di suor Bernardetta: «La Provvidenza mi ha fatto incontrare l'Africa»
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Tranne alcuni anni passati in Italia, Bernardetta Boggian, missionaria saveriana di Ospedaletto Euganeo, è nell’Africa Centrale – Repubblica Democratica del Congo e ora Burundi – dal 1970. A fine agosto 2013, alla vigilia della sua ripartenza, scrive:



La Provvidenza mi ha fatto dono di incontrarmi con diversi popoli e culture, di vedere panorami stupendi. Ho conosciuto persone meravigliose; cristiani e credenti di altre religioni: volti che sfilano davanti a me come una sequenza, facendomi rivivere lo stupore di avere incontrato i semi del Vangelo già presenti.



L’Africa che ho incontrato ha rafforzato in me la fiducia in Dio; mi ha colpita l’accoglienza cordiale, la gioia di condividere con l’ospite il poco che c’è, la gioia dell’incontro, senza calcoli di tempo.



Da qualche anno mi trovo in Burundi a Kamenge, una zona periferica molto popolata della città di Bujumbura. Sono contenta di appartenere a questa comunità cristiana che è attenta e si fa vicina ai poveri. E bello vedere al sabato e alla domenica le mamme delle comunità di base che si avviano con i loro cesti sulla testa verso la prigione per visitare i prigionieri e portare loro un po’ di cibo.



La Messa di domenica sera è frequentata particolarmente da papà e giovani, che hanno avuto l’opportunità di una giornata di lavoro, a volte mal pagato. Arrivano con i volti cotti dal sole e le mani callose e corrose dal cemento. Osservo i loro volti che emanano la serenità di chi sa che Gesù è in mezzo a loro e cammina accanto a loro.



L’annuncio di Gesù e dell’amore misericordioso del Padre diventa comprensibile se accompagnato dalla testimonianza di vita. Occorre nutrire in noi uno sguardo di simpatia, rispetto, apprezzamento dei valori delle culture, delle tradizioni dei popoli che incontriamo. Questo atteggiamento, oltre che dare serenità al missionario, aiuta a trovare più facilmente il linguaggio e i gesti opportuni per comunicare il Vangelo.



La prima sfida che ci interpella mi sembra sia la difesa di popoli umiliati, calpestati nei loro diritti, la denuncia dello sfruttamento dei beni di questi Paesi. È pure pressante il problema dell’alfabetizzazione, via maestra per la lotta contro la povertà. L’Africa ha bisogno di giustizia, di maggior equità e di buongoverno.



Nonostante la situazione complessa e conflittuale dei Paesi dei Grandi Laghi, mi sembra di percepire la presenza di un Regno d’amore che si va costruendo, che cresce come un granello di senape, di un Gesù presente donato per tutti. A questo punto del mio cammino continuo il mio servizio ai fratelli africani, cercando di vivere con amore, semplicità e gioia.



La religiosa vicentina. «La mia vocazione è lì»: sono le parole che Olga Raschietti, 83 anni, ripeteva spesso ai familiari per spiegare le ragioni, sempre attuali, che oltre 50 anni fa l'avevano portata in Africa. Era partita missionaria da Montecchio Maggiore (Vicenza), dove abitano ancora 5 fratelli. «È morta - dice il fratello Arduino, 88 anni - per la sua vocazione e se sul piano umano sono dispiaciuto come cristiano sono orgoglioso. È già nei cieli, ne sono certo e lo dico rispettando il credo di ognuno».



«Era la zia d'Africa - ricorda una nipote - e da bambini ci portava sempre un ricordo quando tornava a casa.
Siamo tantissimi nipoti ma si ricordava di tutti e per tutti c'era un regalino. Nei primi tempi tornava ogni tre anni, mi pare, adesso un pò più spesso». L'ultima volta, mesi fa, quando ha fatto ritorno a Montecchio per un breve periodo, servito anche per curare degli acciacchi a un ginocchio. «Non voleva restare in Italia - sottolinea Arduino - e appena ha potuto è ripartita». L'anziano fratello rammenta poi la passione di suor Olga per la musica: «io sono organista e anche lei aveva studiato musica. Mi chiedeva sempre di mandarle degli spartiti di musica sacra». «Era - dice la nipote - una persona solare con una disponibilità al mille per cento verso gli altri. Era la sua forza». Con i fratelli ancora in vita - originariamente erano 12 e solo lo scorso anno ne sono morti tre - i contatti erano continui. «Scriveva molto - ricorda ancora - e poi telefonava. Non dimenticava un compleanno o un onomastico».
Ultimo aggiornamento: 12:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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