Bitonci mette i profughi sui social
è bufera in consiglio comunale

Venerdì 1 Maggio 2015 di Alberto Rodeghiero
Bitonci mette i profughi sui social è bufera in consiglio comunale
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PADOVA - La questione profughi alloggiati in un’abitazione presa in affitto in centro infiamma anche il consiglio comunale. Ad accendere le polveri nella seduta di ieri sera il consigliere Pd Massimo Bettin che ha puntato il dito contro il sopralluogo effettuato mercoledì scorso dal sindaco Massimo Bitonci e dall'assessore Fabrizio Boron al condominio che accoglie i profughi.



«All'assessore Saia chiedo se ritiene opportuno che il sindaco e un suo assessore dopo aver fatto il sopralluogo, abbiamo pubblicato sui social network le foto. Foto in cui l'indirizzo della palazzina è facilmente individuabile. Una circostanza che mette a grave rischio questi profughi e i loro condomini», ha spiegato Bettin.



«Non ritengo che la sicurezza di questi immigrati possa essere messa a rischio - ha ribattuto l'ex sen. Saia - Padova non è una città razzista e quindi non vedo rischi particolari. Credo invece che il problema riguardi soprattutto chi vive nei condomini dove hanno trovato ospitalità queste persone». «Il Pd teme reazioni violente contro i "profughi" ospitati in un appartamento in centro e chiede che la polizia locale li protegga: non una parola nei confronti degli altri condomini e dei residenti. Quelli devono solo pagare e tacere», rincara la dose Boron.



Sulla questione ad andare all'attacco è stato anche il vicesegretario cittadino del Pd Nereo Tiso: «Ieri sul profilo di Boron erano presenti alcune foto che lo ritraggono assieme al sindaco, intento ad indicare l'abitazione dove sono ospitati, da un privato assistiti da un'associazione, alcuni profughi. Oltre a ciò, lo stesso Boron, nel suo "santino" elettorale riproduce una mappa nella quale indica chiaramente la via in cui si trova l'appartamento». «Notizie riservate della Prefettura che non dovrebbero essere divulgate da parte del sindaco, tanto peggio in campagna elettorale - conclude l'esponente democratico - La perversione non ha limiti e l'istigazione all'odio gode, nei leghisti, di grande fantasia per innalzare l'asticella dell'applausometro».



La casa occupata - Erano una quarantina i profughi somali che hanno soggiornato una settimana a Padova, senza passare attraverso la rete dell'accoglienza d'emergenza, e che ora stanno proseguendo il loro lungo viaggio. Uomini, ma anche minori e donne, di cui due in stato di gravidanza (una addirittura arrivata al nono mese), hanno trovato temporaneamente alloggio alla casa Don Gallo, in via Tommaseo.



La palazzina tra la fiera e i dipartimenti universitari è stata occupata nel dicembre 2013 da un gruppo di profughi, molti dei quali reduci dall'accoglienza nell'ambito dell'operazione Emergenza Nord Africa, con il sostegno di Razzismo Stop. Persone che provengono da diversi Paesi africani e che per alcuni giorni si sono stretti per far posto ai somali. Arrivati in parte in Sicilia e in parte a Salerno, i quaranta profughi sono stati poi portati in Veneto e assegnati a Padova. Rifiutando la procedura i somali hanno fatto capire di non fermarsi in Italia, ma di voler proseguire verso il nord Europa. Questo ha portato però i somali a trovarsi da soli in città, senza la possibilità di rivolgersi alle strutture di accoglienza per mangiare e dormire, senza che i minori e le donne potessero essere assistiti in altro modo. Rispetto ad altri, magari in grado di trovare subito un passaggio verso la Germania, i quaranta somali non avevano quindi nessun posto dove andare. Probabilmente grazie a qualche connazionale che soggiorna alla Don Gallo sono quindi giunti in via Tommaseo.



Ovviamente il loro arrivo non è stato così semplice da gestire, in una struttura che non è nata con lo scopo di accoglienza, ma la solidarietà ha convinto la sessantina di ospiti "abituali" della casa a stringersi per qualche giorno. Per i somali infatti l'Italia è rimasta una tappa transitoria, anche se la sosta è durata qualche giorno in più. Arrivati una settimana fa, con tempi diversi, i 40 somali sono infatti già ripartiti, chi per la Germania, chi per la Svezia. Un viaggio che non rientra nelle statistiche ufficiali, visto che è stato effettuato in maniera parallela rispetto alle strutture istituzionali, invisibili alle discussioni e alle polemiche. «L'aspetto umanitario ha fatto scattare la solidarietà - spiega Luca Bertolino di Razzismo Stop - I ragazzi della Don Gallo sono passati dalle stesse esperienze, sanno quanto possa essere faticoso un viaggio del genere. Hanno condiviso cibo e vestiti: una lezione anche per le istituzioni».
Ultimo aggiornamento: 15:58

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