​Le ragioni per ascoltare
le richieste dei poliziotti

Domenica 7 Settembre 2014
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Egregio direttore,

mi pare vergognoso sostenere, come fanno le forze politiche di opposizione, che la proposta del blocco degli stipendi ai dipendenti pubblici sia una infamia.

1 - C'è un esubero di almeno 800.000 dipendenti "pubblici" e quindi per " mantenere" questi e non mandarli a casa si è costretti a trovare soluzioni ingiuste per coloro che sono efficienti.

2 - Non va dato un aumento alle forze dell'ordine, ma una congrua indennità "di missione" a coloro che espongono la loro vita, vanno quindi fuori dalle mura.



Non a quelle migliaia di persone che restano negli uffici.




Egidio da Ronche

Limana (Belluno)



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Caro lettore,

condivido la sua prima osservazione: servirebbero meno dipendenti pubblici, magari pagati meglio e, soprattutto, con uno stipendio più legato al merito e ai risultati che ad automatismi corporativi o all'anzianità di servizio. Aggiungo che nelle loro pur legittime rivendicazioni, i dipendenti pubblici non possono fingere di ignorare che, al contrario dei lavoratori privati, loro hanno la garanzia del posto di lavoro: non rischiano cioè di essere licenziati o di finire in cassa integrazione. E in un periodo come quello che stiamo vivendo, non è una differenza di poco conto.



Sono meno d'accordo invece sulla sua seconda osservazione. Le forze di polizia non chiedono aumenti contrattuali, ma la fine del blocco degli stipendi che dura dal 2010 e che impedisce loro di ricevere i già previsti adeguamenti salariali. Ma a parte questo, c'è un aspetto da considerare. La sicurezza è un bene primario che va salvaguardato. Chi lavora per garantire questo bene non deve e non può sentirsi abbandonato o ignorato dallo Stato. Va ascoltato tenendo conto anche della difficile e spesso esasperante situazione in cui è costretto a operare. Invece di congelare in modo generalizzato gli stipendi, il governo dovrebbe agire con più coraggio riformatore e obiettivi chiari.



I fronti su cui intervenire sono numerosi: eliminare i troppi doppioni di funzioni che la presenza di tante "polizie" determina; introdurre meccanismi premianti legati ai meriti sul campo più che all'anagrafe; abbandonare la prassi delle promozioni finalizzate solo a garantire pensioni più elevate a chi è a fine carriera. Il lavoro, insomma, non manca. Basta scegliere da dove iniziare. Evitando le scorciatoie e il ricorso agli arnesi della vecchia politica.

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