Migranti, assumersi le proprie responsabilità

Sabato 5 Settembre 2015
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Caro Direttore,

l’ultima polemica estiva a Portogruaro ha riguardato la recente “Marcia Meticcia” che ha visto sfilare per la città i cosiddetti “Ragazzi della Palestra", un gruppo di giovani extracomunitari che da qualche settimana sono alloggiati all’interno della palestra, e un gruppo di cittadini portogruaresi. Durante la cerimonia, alla quale non hanno partecipato rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, i giovani stranieri hanno intonato l’inno di Mameli nella versione cantata dai Piccoli Cantori di Milano quindi sostituendo la frase “siam pronti alla morte” con “siam pronti alla vita”. Personalmente credo che sia l’assenza degli amministratori comunali che la variazione dell’inno nazionale siano stati due errori che hanno alimentato una polemica tutto sommato abbastanza stucchevole.

Qualche giorno dopo è però apparsa quella che voi giornalisti definite una "foto notizia": l’immagine di quel povero bambino morto su una spiaggia della Turchia. Quando ho visto quell’immagine non ho potuto fare altro che pensare alla piccolezza delle nostre polemiche di fronte ad una tragedia così grande. Ci obbliga a guardarci allo specchio ma soprattutto a guardare dentro di noi e a rispondere alla domanda che quel piccolo cadavere ci pone: che tipo di esseri umani vogliamo essere?




Maurizio Conti

Portogruaro




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Caro lettore,

su quella terribile foto si è scritto tanto, forse troppo. Era meglio limitarsi ad osservarla, ad ascoltare il grido di dolore che da essa proveniva e a meditare. Talvolta il silenzio è più efficace di tante, inutili parole. Certamente è preferibile alla fiera dell'ipocrisia che si è scatenata intorno al corpicino esanime di Ayal. Quell'immagine, nella sua dolorosa e brutale efficacia, è un atto d'accusa che va ben oltre le dispute sull'accoglienza di casa nostra e che è miserevole piegare alle proprie convenienze politiche del momento. Chiama in causa un mondo che, per paura di sporcarsi le mani e di chiamare i nemici con il loro nome, da troppo tempo sta assistendo inerte e inerme a ciò accade in alcuni Paesi africani. Che ha preferito voltarsi dall'altra parte mentre sulle coste italiane e greche sbarcavano migliaia di persone. Che ha lasciata sola l'Italia ad affrontare e a gestire questo dramma. Che ha preferito pensare che quei barconi che arrivavano a Lampedusa fossero la solita, emergenza estiva e non i invece i prodromi di un fenomeno epocale che se non viene gestito anche nei territori di partenza dei migranti è destinato a sconvolgere le politiche sull'immigrazione dell'intera Europa. Lei si chiede: che tipo di uomini vogliamo essere? Non lo so. Ma certo nel mondo di oggi si sente un gran bisogno di uomini e donne che sappiano assumersi le proprie responsabilità, che sfuggano alle semplificazioni ideologiche e che non abbiano bisogno della foto di un povero e innocente bambino morto su una spiaggia per svegliarsi dal torpore intellettuale in cui sono comodamente immersi e comprendere il dramma che una parte del mondo sta vivendo.
Ultimo aggiornamento: 15:08

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