La vera forza dei vincitori
scrivere una Storia imparziale

Domenica 8 Febbraio 2015
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Caro direttore,

è crollato il muro di Berlino e anche a casa nostra nell’ultimo ventennio sono cambiate diverse cose. Non esiste più la “conventio ad excludendum” e abbiamo visto addirittura un combattente di Salò diventare ministro. Trovo giusto, a 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, che la parte vincente abbia un comportamento di maggior comprensione verso la parte che a quell’epoca fu soccombente. Mi ha quindi molto rammaricato il comportamento dell’Anpi che in occasione di una manifestazione a Monselice ha coinvolto giovani studenti i quali, intervistati dal tg di RaiTre, mi hanno fatto rimanere allibito per il tono usato. Si è arrivati al punto da attizzare nei giovani sentimenti di odio, quando dovremmo ormai riconoscerci tutti nella Costituzione repubblicana. Non posso quindi essere d’accordo con roboanti frasi che parlano di revisionismo e negazionismo. I giovani dovrebbero essere educati a sentimenti di comprensione e tolleranza nei riguardi di tutti.


Filiberto Battistello



Padova



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Caro lettore, non ho visto la trasmissione a cui le fa riferimento e quindi non posso esprimermi sul caso specifico. Ma è vero che ancora oggi a 70 anni dalla fine del conflitto, spesso si etichetta come revisionismo e negazionismo ciò che in realtà si discosta semplicemente da un racconto unilaterale della guerra di Liberazione. Penso per esempio alla gogna che certi ambienti politici e culturali hanno cercato di infliggere a un bravissimo giornalista come Giampaolo Pansa che ha avuto invece il merito di raccontare la guerra civile anche dei "vinti" e soprattutto ha alzato il velo su alcune pagine vergognose della Resistenza, che è stata una pagina luminosa della nostra storia, non priva però di ombre e di lati oscuri. Purtroppo è difficile per tutti mettersi in discussione e mettere in discussione la propria storia. Ma la forza dei vincitori dovrebbe stare proprio in questo: avere la capacità di trasmettere una visione non unilaterale e non manichea della realtà e del passato. Lei dice che bisognerebbe educare i giovani alla tolleranza, ha ragione: ma la tolleranza (che non va confusa con l'indifferenza) impone lo sforzo di capire e comprendere, anche senza condividerle, le ragioni dell'altro. L'intolleranza è semplicemente il rifiuto dell'altro. Del resto, come ha detto qualcuno la tolleranza è una manifestazione di forza, l'intolleranza solo di prepotenza.

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