Chiesa-moschea, provocazione
che non aiuta l'integrazione

Domenica 10 Maggio 2015
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Caro direttore,

la prevaricazione non é una questione di modi: é piuttosto una questione di civiltà. Mi irrita quello che é successo a Venezia. Un edificio, ex casa di culto religioso cristiano (benché dismesso), che con il pretesto di una manifestazione culturale in ambito di Biennale viene adibito anche a esercizio di culto islamico non é cosa di poco conto. L’alzata di scudi del Patriarcato non tranquillizza l’opinione pubblica che non può accettare una “provocazione” che sa di integralismo piuttosto che di integrazione tra culture religiose diverse. Non ci si può appropriare di luoghi non propri per adibirli a pratiche di credenze proprie. E non mi va neanche di aggirarmi in espressioni convenzionali: che male c’é, piuttosto di niente é meglio così, riportate dal tg regionale, pronunciate da cultori islamici residenti o di passaggio a Venezia. Ripenso alla profanazione del tempio e alle sferzate ai trafficanti di merci e tavoli rovesciati (alla don Camillo) di evangelica memoria. “Un cartello già annuncia gli orari delle preghiere” (dal Gazzettino): ma non si tratta di un padiglione della Biennale? Spero che autorità civili e religiose intervengano per ristabilire un po’ di ordine, di cui abbiamo tanto bisogno.


Natalino Daniele



Rubano (Pd)



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Caro lettore,

l'arte deve essere provocatoria, scandalosa e urtante. Deve suscitare emozioni forti e accendere gli animi e le passioni oltre che le discussioni. Ci sono limiti però oltre i quali la sensibilità di una comunità si può sentire colpita e ferita da una provocazione culturale. Nel caso della moschea "temporanea" realizzata dentro una ex chiesa cattolica nel padiglione islandese della Biennale è accaduto proprio questo e ciò spiega anche la ferma reazione del Patriarcato di Venezia. L'attuale momento storico e i complessi rapporti tra Islam ed Europa, avrebbe dovuto suggerire una maggiore condivisione dell'ardito progetto culturale. Non si tratta di alzare steccati, ma di capire che il rispetto deve essere sempre reciproco. A maggior ragione su temi così delicati, e che toccano tanto da vicino l'identità delle persone e la tradizione di un popolo. In caso contrario si rischia che una provocazione venga vissuta come una prevaricazione. E questo non aiuta né il dialogo né l'integrazione.
Ultimo aggiornamento: 16:17

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