Il peccato di essere indifferenti
e diffidenti verso il prossimo

Giovedì 20 Agosto 2015
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Caro direttore,

le invio questa lettera sulla morte di Sandro Mattiazzi, il senzatetto di Chioggia.



Egregio signor Sandro Mattiazzi,

chissà se qualcuno si è mai rivolto a lei chiamandola così. Forse non le è capitato neanche prima di intraprendere la vita di strada, quando ancora un lavoro ce l'aveva. Nel sentirlo ora potrebbe pensare ad uno scherzo o ad una cinica presa in giro. Invece io desidero davvero portarle questo rispetto, seppure tardivo, e restituirle così un po' di quella dignità che io stessa, ottusamente, le ho negato. Mi rivolgo a lei per chiederle scusa. Per non avere capito. Per avere scambiato il suo sguardo rassegnato e perso con quello di un malintenzionato. Per avere puntato il dito contro di lei invece di tenderle la mano.

Sia chiaro, non pretendo che mi perdoni, da lassù, e nemmeno che mi capisca. Vede, siamo tutti così ciechi ormai e diffidenti verso il prossimo che a volte preferiamo non vedere. È più facile e immensamente più comodo. Cogliamo l'individuo, questo sì, ma perdiamo la Persona. Lei ora non c'è più. Se n'è andato come mai una Persona meriterebbe di andarsene:sola, disperata, dimenticata. Con la desolante compagnia dell'indifferenza di tutti. Forse se n'è andato proprio per questo, signor Mattiazzi, perché in un mondo così non voleva più starci. Quando ho saputo dove e come è morto, a soli due passi dalle nostre comode vite, sono morta un po' anch'io. Lo dico, ne sono convinta, a nome di tutti quelli che un cuore ce l'hanno. No, non di pietra, come verrebbe facile pensare, ma un cuore distratto, disabituato ad indagare nelle intensità dell'animo umano, figuriamoci nei suoi abissi. Le mando, ora sì, un sincero abbraccio e mi riprometto (glielo devo) di portare dei fiori sulla sua tomba oltre a ricordarla nelle mie preghiere. Altro, non posso più fare e me ne dispiaccio immensamente.




Marina Sambo

Chioggia (Venezia)



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Cara lettrice,



il peggior peccato che possiamo commettere contro i nostri simili non è l'odio e neppure la violenza, ma l' indifferenza: è questa il senso vero dell'inumanità. Lo scriveva George Bernard Shaw. E aveva assolutamente ragione. Non credo serva aggiungere altro: la sua lettera dice già tutto.

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