Israele e Palestina, la ragione
deve prevalere sul fanatismo

Sabato 5 Luglio 2014
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Caro direttore,

guardo la cartina della Cisgiordania con gli insediamenti israeliani (Gazzettino del 1° luglio, pagina 11). Ne conto circa quasi 200. Significano duecento violazioni della legge internazionale e delle dichiarazioni dell’Onu. E non si fermano. Dopo il triste fatto dei giovani ebrei ammazzati e la rappresaglia israeliana a Gaza, Berlusconi ha espresso il suo sostegno con un “Forza Israele” (così riportava un notiziario tv).



Chi vuole davvero bene a Israele non sarebbe meglio che dicesse “Calma, Israele”? Dove vuole arrivare il governo di Netanyahu? A creare uno stato razzista di apartheid, come ha avuto il coraggio di esprimersi tempo fa il Segretario di Stato Kerry? Il fallimento degli interventi militari americani in Iraq e Afghanistan non insegnano niente? Come dare torto a papa Francesco (e a tutti i suoi predecessori - ricorre in questi mesi un secolo dalla morte del veneto papa Pio X, avvenuta allo scoppio della prima guerra mondiale...) che invita al dialogo?




Natale Trevisan





Caro lettore,

non si può ovviamente dare torto a Papa Francesco. Ma per dialogare bisogna essere d'accordo almeno in due. E perché ciò accada è necessario che la ragione prevalga sul fanatismo, dall'una e dall'altra parte. Da questo punto di vista gli inviti alla calma andrebbero rivolti in egual misura al governo di Israele e alle organizzazioni palestinesi.



Lei si chiede, giustamente, dove vuole arrivare Netanyahu. Chiediamoci però anche dove vuole e può arrivare Hamas. La morte dei tre ragazzi ebrei rapiti e poi ammazzati non giustifica rappresaglie, ma è un orrore su cui non si può semplicemente stendere un pietoso velo. Ai palestinesi, e non solo agli israeliani, è chiesto di fare chiarezza e contribuire ad individuare i responsabili di quella atrocità. In caso contrario gli appelli al dialogo rischiano di rimanere lettera morta.