Stato islamico, l'Occidente non può
limitarsi ad alzare un po' la voce

Sabato 11 Ottobre 2014
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Caro direttore,

qualcosa non torna se una setta di fanatici, autoproclamatasi "Isis", uscita più dalla preistoria che dal ventunesimo secolo, continua a perpetrare barbarie di ogni genere, sotto gli occhi impotenti di gran parte del mondo civile. Il compito di poliziotto universale, come da copione, è stato lasciato ai soliti Americani, pur con il modesto paravento di alcuni Paesi dell'area medio orientale.



La Turchia, vicinissima alle popolazioni così duramente colpite e oltraggiate, sembra non accorgersi dei genocidi che si compiono a pochi passi dai suoi confini. Le Nazioni Unite, tanto per cambiare, non prendono posizione, paralizzate da un immobilismo che non fa più notizia, a dispetto del suo Statuto che prevede come compito primario quello di evitare nuove guerre.



In tanta desolazione mi ha positivamente colpito la decisione dell'Australia che, pur agli antipodi del globo, non ha voluto sottrarsi a quel minimo di responsabilità che tutti dovrebbero dimostrare: mezzi e truppe sono stati, infatti, inviati in soccorso di quelle martoriate popolazioni. Credo che molti Stati dovrebbero prendere esempio da questa nazione, piccola per numero di abitanti ma grande per generosità e lungimiranza politica.




Vittorio De Marchi

Albignasego (Pd)





Caro lettore,

come ha giustamente notato nei giorni scorsi sul nostro giornale Ennio Di Nolfo, ci sono alcuni momenti della storia in cui emerge la reale capacità degli uomini di Stato, di quei leader cioè che sanno guardare oltre il proprio immediato interesse e assumere, se necessario, scelte difficile e impopolari. La strategia del cosiddetto Califfato islamico, le cui gesta fanno impallidire Al Qaeda, sta assumendo sempre più i contorni di un'offensiva tesa ad annientare pezzo dopo pezzo l'Islam moderato.



C'è una logica quasi imperiale nell'azione del Califfato e dell'Isis che punta ad estendere i propri confini anche in quelle terre dove finora è prevalsa una visione più moderata e dialogante dell'Islam. In questo senso si può dire che siamo di fronte a una sorta di scontro di civiltà, ma interno innanzitutto al mondo musulmano. Ora di fronte a questa prospettiva l'Occidente oscilla tra dichiarazioni roboanti e azioni incerte.



Certo, non vanno sottovalutate la complessità dello scenario, gli equilibri e le dinamiche non sempre facilmente decifrabili di un mondo dove la dimensione tribale ha spesso ancora grande rilievo e importanza. Tuttavia il vero rischio a cui ci troviamo di fronte è una tragica involuzione del mondo islamico, o di pezzi importanti di esso, sotto la guida del Califfato. Di fronte a questa prospettiva l'Occidente non può limitarsi ad alzare la voce o a proporre azioni dissuasive. Deve dotarsi di una chiara strategia di difesa e anche di offesa. Il rischio è grande, sottovalutarlo oggi potrebbe essere devastante.
Ultimo aggiornamento: 14:17

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