Province, evitiamo battaglie
di retroguardia sull'abolizione

Sabato 6 Settembre 2014
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Caro direttore,

grazie al verbo camuffato “riordinare” sono state eliminate le province. Per natura sono per tagliare gli enti inutili, però a due mesi dalla scomparsa dei Consigli gli effetti devastanti si vedono. È stato dimostrato quanto poco incidevano le province sui costi dello Stato, ma si è preferito sacrificare l’anello debole. Come Consiglio provinciale avevamo chiesto di proseguire, come la giunta, fino a fine dicembre a stipendio zero per terminare una serie di percorsi sull’emergenza lavoro. Ma non ci è stato concesso anche se l’ente ha i conti in ordine.



Oggi a Venezia c’è il rischio di chiusura dell’Apt con la perdita di 70 posti. Ebbene, la commissione che ho presieduto potrebbe avere un ruolo importante per cercare una soluzione: sono state numerose le vertenze che abbiamo seguito, e gli stessi sindacati in più occasioni si sono complimentati per il lavoro svolto. Ma ormai era scritto: bisognava eliminare le provincie.




Roberto Dal Cin

(ex presidente Commissione lavoro della Provincia di Venezia)





Caro lettore,

lei ha ragione quando afferma che la provincia di Venezia ha i conti in ordine e che, soprattutto in alcuni settori, ha fatto un buon lavoro. E a Nordest non è l'unica. Ma il principio che sta alla base della riforma delle province non è quello di salvare le più efficienti e cancellare quelle peggio gestite. Bensì rimodellare la presenza degli enti locali passando da tre livelli elettivi a due. Un passaggio necessario per un Paese come il nostro su cui grava il peso di una macchina pubblica eccessivamente ridondante e costosa. Da questo punto di vista la provincia non era l'anello più debole ma, rispetto a comuni e regioni, quello ritenuto strategicamente meno importante.



Lei parla di effetti devastanti derivati dall'abolizione delle province. Mi permetta: a me sembra un'affermazione un po’ esagerata. In ogni caso: qualsiasi taglio ha effetti traumatici, piccoli o grandi. Ma talvolta è necessario per salvare il malato. Credo che, a questo punto, occorra però avere la capacità di guardare la questione con un'ottica diversa.



La vera sfida, adesso, non è di erigere linee del Piave per salvare il salvabile o prolungare l'agonia di enti ormai "condannati". Quanto piuttosto quella di trasferire in altri ambiti le buone pratiche amministrative e le positive esperienze di governo che sono maturate dentro alcune province. Le altre sono solo battaglie di retroguardia.
Ultimo aggiornamento: 14:00
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